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VIAGGIO

AL LAGO DI GARDA

E

AL MONTE BALDO

IN CUI SI RAGIONA

DELLE COSE NATURALI DI QUEI LUOGHI

AGGIUNTOVI UN CENNO

SULLE CURIOSITÀ DEL BOLCA

E DEGLI ALTRI MONTI VERONESI

D I   C I R O   P O L L I N I

DOTTORE IN MEDICINA E CHIRURGIA

con una Tavola in rame






IN VERONA DALLA TIPOGRAFIA MAINARDI

1816.




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. . . . . . . . . . . . . . . . . . .Vieni qui dove
Tra 'l marmifero Torri, e la pescosa
Torbole, Re de gli altri altero monte,
La soggetta Malcesine, l'amena
Primogenita sua Baldo vagheggia.
SPOLVERINI Riseid. Lib. I.°






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AL SIG. CURZIO SPRENGEL

PROFESSORE DI MEDICINA E DI BOTANICA
NELL'UNIVERSITA DI HALA IN SASSONIA



Lettera 1.a Sul Lago di Garda



Quello, che da assai tempo io vi ho promesso, eccovi finalmente, o mio celebre amico. Vi esporrò dunque ciò, che vidi al Benaco e al monte Baldo nelle frequenti gite, che feci in quei luoghi deliziosi veramente ed ameni sopra il credere di chi non li vide.
Che se avverrà, che dal mio dire vi venga alcun diletto, infinito ve ne verrebbe certamente, dove vi piacesse scorgere per gli occhi vostri ciò, che ora scorgete per le parole altrui. Le quali e sia per colpa del dicitore, e sia per diffetto di linguaggio mal giungono ad esprimere in tutto quel che nell'anima si sente.
Ora perché l'ultima volta appunto, ch'io fui in quei luoghi, percorsi l'intera circonferenza del Lago, e visitai in ogni sua parte monte Baldo, ho in pensiero di descrivervi tale ultima gita; la quale non vi so dire quanto mi riuscisse deliziosa e cara. Imperocché alla sempre nuova dolcezza della cosa s'aggiungeva la dolcezza dell'amicizia.
Di già nello scorso inverno io e tre miei amici amatori dell'istoria naturale avevamo divisato, come prima la stagione il permettesse, recarsi a diporto insieme e ad istruzione al vaghissimo Lago di Garda. E venuto il tempo di mandare ad effetto il proponimento, e già essendo noi acconci alla partenza, oh diss'io,



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sarebbe pur vergogna per giovani naturalisti solcar l'onde del Benaco, e non salir monte Baldo, i cui piedi bagnano l'onde stesse. Dico adunque doversi a un tempo ascendere la montagna, che voi sapete es- sere carissima agli amatori della Botanica. Piacque a tutti la proposta: però quando sgombre si videro di neve l'alte vette del monte, ci ponemmo in cammino. Era il solstizio d'estate, e partimmo sull'alba da Verona, e per una piacevole via tra colle e colle arrivammo a Bardolino, villaggio amenissimo sulle sponde del Lago.
Il Lago di ch'io vi favello stendesi da settentrione a mezzo giorno pel tratto di circa trenta cinque miglia (1), e giace tra le fauci dell'alpi retiche, le quali a mano a mano declinando l'abbracciano da Riva che n'è capo, fino a Peschiera che n'è l'estremità. Meno di tre miglia largo da prima vassi ampliando sì, che da Torri a Maderno ha incirca sette miglia, e infine da Salò a Garda non è minore di dodici. La sua superficie s'innalza sopra quella dell'Adriatico metri 77. 82. (2). La sua profondità varia senza fine: la maggiore è a settentrione poco lungi da Campione


(1) Miglia comuni, vale a dire di metri 1780, 80 ciascuno, e però minori del miglio geografico di 60 al grado, che consta di metri 1851, 85, e incirca tre quarti maggiori del miglio nuovo o chilometro ch'è di 1000.
(2) L'osservazionc barometrica fu da me istituita a Garda il dì 22 Luglio 1815 alle 9 e mezzo antimeridiane, mentre l'atmosfera era placidissima, e serenissimo il cielo. Il barometro segnava 27. 11. 13. 16.mi; il termometro all'aria libera all'ombra 18 gradi sopra zero. Secondo la misura presa pure barometricamente dagli ufficiali francesi del genio, e inserita nel Manuel topographique militaire stampato a Parigi, la superficie del Lago s'innalza dal mare metri 101.2. Non debbo però tacere che da una livellazione eseguita da ingegnere veronese si trae, che la superficie del Lago a Lazise è più bassa forse venti metri del pelo dell'acqua dell'Adige a Verona, il quale è più alto della superficie dell'Adriatico di m.67.07.


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sotto la Madonna di Monte Castello, e ciò ch'è singolare a pochi passi dalla rupe, che fa parete al Lago, ove arriva a centottanta metri, laddove nel mezzo la profondità maggiore è di cento trenta (1).
Al cominciar della state, gonfiatisi i fiumi, che metton foce nel Lago, s'innalzano le acque a più d'un metro, ed escono in vari luoghi del bacino: a tale epoca la navigazione è ben sovente pericolosa Veggonsi dal suo seno sorgere tre vaghe isolette (2), e vaghissima è poscia la penisola Sermione, che s'avanza fra le limpide onde del Lago. Metton foce in esso il fiume Sarca a settentrione tra monte Breonio e Peneo, e il Ponale, e la Brasa, e Tusculano, ed altri piccoli torrenti a ponente. A Peschiera n'esce il Mincio. E muovon poi le acque del Lago due venti periodici, che spirano la più parte dell'anno, e che sono sommamente favorevoli alla navigazione (3): perocché


(1) Secondo il Conte Bettoni la profondità maggiore, ch'è tra Castelletto e Gargnano, aggiunge a 584 metri.
(2) La prima e maggiore dicesi l'Isola dei Frati, perché eravi ai tempi passati un convento di Francescani minori. È posta tra Salò e Desenzano quasi di fronte a S. Vigilio. Si congiunge alla prossima spiaggia di Manerbe per una catena di scogli subacquei. La 2.da è Tremollone lunghesso la sponda veronese tra Brenzone e Malcesine. La 3.za è uno scoglio detto l'Isoletto presso Malcesine.
(3) Il commercio del Lago è vivissimo, e ben maggiore sarebbe dove si rendesse navigabile il Mincio. Le più grosse barche portano incirca 600 miriagrammi e sono poche. La loro grandezza va diminuendo sino ai battelli di pescatore, sui quali si caricano 100 miriagrammi, o dieci persone con due o tre barcaioli. Tutte le barche vanno a remo o a vela, e quando non trae vento scorrono terra terra coll'aiuto dei remi. Sono munite da un'ampia vela quadrata maneggiata col mezzo di un albero sostenuto da corde, e dirette da un timone. Esse non navigano mai contro vento. Le più grosse con vento favorevole percorrono fino a dieci miglia all'ora: un battello di pescatore a quattro remi fa fino cinque miglia, dove il Lago non sia contrario.


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uno vien da tramontana, e spira da intorno alla mezzanotte al mezzodì, l'altro trae dall'austro, e dura dal mezzodì a sera (1), Ed è quel primo sì violento, che concilia al Lago quell'aspetto tanto minaccioso, e sì lo sconvolge, che

Col fremito dell'onde al mar s'agguaglia (2).
.

Però la direzione di tali venti viene in più luoghi cambiata dalle fauci dei monti, che sboccano verso il Lago, onde si destano varie correnti.
Temperata e purissima è l'aria, leggerissime e limpidissime sono le acque. Ma come dipinger le sponde? Che non fece la natura, onde compreso fosse lo spettatore d'infinito diletto, di stupore infinito? Imperocché gli orridi dirupi del settentrione, e le balze spaventose mutansi presto nel piegare al meriggio in ridenti pendici, in collinette coperte di gelsi, d'olivi, di viti, e dei più cari doni del pomifero autunno. Apparisce novellamente la scena solitaria ed aspra, e siamo a nuove rupi, a massi ignudi e minaccianti, al silenzio, all'orrore, a cui succede di nuovo il gaio aspetto della verzura e dei dolci colli. Né si può dire, di che incanto sieno i giardini vaghissimi, che adornan quei lidi, dove la fragranza dei cedri e degli aranci ne rimembra i tanto decantati da poeti d'Alcinoo e delle Esperidi.
A Bardolino dimorammo alcuni di presso uno dei nostri compagni, e furono veramente deliziosi bello il cielo, tranquillo il Lago, su cui in leggerissima bar-


(1) Pare cosa ragionevole ripetere la cagione di tal fenomeno dal movimento del sole, e l'esame della posizione del Lago e dei monti e dell'alpi prossime sembra farla manifesta.
(2) Fluctibus, et fremitu assurgens, Benace, marino. Virg. Georg. II.


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chetta scorrevam volando. Da Bardolino avviandoci a settentrione venimmo a Garda. Da questa terra prende ora nome il Lago un tempo Benaco. Giace nel fondo d'ampio seno, e sulla vetta di una rupe perpendicolare all'onde eravi ai tempi andati una rocca. Ora è luogo di cara solitudine, alla quale si giunge per un sentier tortuoso fiancheggiato da annosi cipressi,


che fanno al sacro albergo
Di triste e pur soavi ombre corona (1)
.

Dall'alto dell'eremo scorgesi piacevolmente da un lato il Lago, dall'altro la ferace valle di Caprino. Poc'oltre a Garda s'incontra il promontorio di S. Vigilio, che è veramente il più ameno luogo della sponda veronese. Imperocché posto a mezzodì, e difeso a settentrione da monte Baldo, che ivi comincia ad erger le sue cime, si può dire che goda una perenne primavera. Crescon ivi a cielo aperto piante delle più calde regioni, e fiorisce tra le fessure degli scogli l'Agave americana. I colli all'intorno son tutti coperti di robusti olivi, di viti, e d'alberi fruttiferi, e qui colgonsi in primavera ottimi fichi, i quali resisterono al rigore dell'inverno. L'arte poi s'aggiunse alla felicità della natura, e sulla sommità dello scoglio che sporge sul Lago collocò un vago giardino, tutto di cedri ed aranci odoroso, ed alto e magnifico s'innalza un palagio, d'onde l'occhio vagheggia l'intero Lago, e l'opposta sponda bresciana. Ora seguendo il cammino incontriam vari villaggi. Sono essi Torri, Castelletto, Brenzone, e Malcesine, ch'è di tutti principale. Oltre al qual luogo restringesi il Lago assai; non


(1) Poesie campestri d'Ippolito Pindemonte.


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v'han più colli, e ignudo apparisce da una banda, ed orrido il torreggiante fianco di Baldo, dall'altra stanno gli inospiti e inaccessibili monti bresciani. Qui cupo il Lago e melanconico. Ma vaghissima è la sponda settentrionale. Fra Torbole e Riva vedesi serpeggiante scorrere per angusta valle, e sboccar nel Lago il fiume Sarca, e amenissime colline s'elevan all'intorno, che a mano a mano più alzandosi fansi selvose; quindi son fine a tutto l'altissime alpi eternamente nevose.
Passammo adunque alla sponda occidentale, la quale è veramente più della veronese deliziosa. Posta tra levante e mezzogiorno gode d'una temperatura sommamente dolce, oltremodo favorevole alla vegetazione, e alla salute, e al buon umor degli uomini. La spiaggia è cospersa di giardini bellissimi, da cui esce olezzo soavissimo di cedri e di aranci. E fra le prime cose ond'avemmo a meravigliare si fu la caduta del Ponale, che dagli alti dirupi gittasi con tre passi nel Lago. Rumoreggian l'onde, che si spezzano, e gli spruzzi di contro al sole d'ogni più vago modo si dipingono. Scopresi quindi fra le ignude balze la romita piaggia di Limone non meno che altra amena, e appresso la piccola di Campione. Ma scena giocondissima n'offerse l'ampio seno di Gargnano, sicchè ogni altro luogo a noi parve men bello e colline qui vedi e pendici ridenti di prati e d'erbe odorifere, e d'olivi e d'alberi fruttiferi coperte e di leandri e d'allori: tra case e palagi superbi s'ammirano i più leggiadri giardini di aranci e di cedri, e dell'olezzo e fragranza, che da essi ne venia, tutto pieno. In seguito visitammo Tusculano rinomatissima per le sue cartiere fabbricate sul fiume dello stesso nome del pari che per le fucine di ferro ivi condotto dalle



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miniere delle valli vicine. La feracità e amenità di questi luoghi avventurosi trasse per avventura anzi ognʼaltro gli uomini ad abitarlo fin da tempi i più rimoti.
Vuolsi che quivi fosse l'antica Benaco, che diede il nome al Lago, perduta dicono per tremuoto e secondo altri per innondazione avvenuta al principio dell'era nostra. Ed oltre le belle iscrizioni da noi qui vedute non meno che nelle prossime terre (1), altro monumento credette taluno di scoprire sotto l'onde, le reliquie di quella città. La di lei esistenza però reputano altri favolosa,


(1) Tali iscrizioni furono raccolte dal Panvinio, Grattarolo, Scipione Maffei e da altri. Le due seguenti, che non ho veduto nei tre citati Scrittori, non fia sdicevole di qui addurre.
In un antico marmo situato nel territorio di Riva presso il tempio di S. Cassiano:


L. MAG. M˜CIANO
CL. SEVERA. MARITO
KARISSIMO. ET CORN
VALERIO. FILIO. PIENTIS
SIMO. ET. MAG. PRISG
NIANO SOCERO, B. M.
ET SIBI ET. MEMO
RIAM. CO ET. SUI. COLL.
N. B. AD. ROSAS. ET PRO
FVSIONES. Q. A. F. A. C.
H.S. N. LX. MIL. DEDIT.


Alla Pieve vecchia di Manerbe in valle Tenesi in un angolo del Campanile sopra un cippo di marmo bianco ho veduto la seguente iscrizione a bei earatteri e bene scolpita, ma colla dimensione delle lettere decrescente ad ogni linea da 10 centimetri ai 4.


C. LVCRETIVS
CLERASMVS
SEX. VIR. AVG. BRIX.
ET. TRIDENT. GRAT. SIBI
ET COMIN. ONESIME
VXORI. CARISSIMAE
G. LVCRETIO. HERMETI
ALVMNO. PIISSIM.
LIBERTIS. LIBERTABVSQVE. E. T.


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e l'antico nome amano derivare dalla piccola terra di Naco situata alle radici del monte Peneo. Ma lasciando tal cose dico, che abbandonato Tusculano tosto ne si fei incontro Maderno. Fummo poscia al ridente seno di Salò, tutto cinto d'amenissime e fruttifere colline e salutato Gazano patria di Bonfadio infelice, e veduto Manerbe, o com'altri vuole Minerva, giungemmo a Desenzano terra grossa e fiorente per commercio, quindi a Rivoltella. Ma a sé ne traea la venusta Sermione, dove tra le rovine e le antiche volte ancor ne parve risonasse la voce del tenero cantore di Lesbia. Vedemmo l'ittiogena Peschiera, e l'origine del Mincio, nè dimenticato Lazise ci riducemmo a Bardolino.
V'ho dipinto del modo, che meglio ho saputo, le bellezze del Lago. Voglio ora soddisfare alla vostra dotta curiosità, e vi dirò quel che mi venne fatto di scorgere rispetto a storia naturale.
Per ciò che spetta alla costituzione delle sponde, la veronese formata in gran parte da monte Baldo consta al par di questo di una calcare stratificata di color bigio perlato o bianchiccio, e talora incarnato, a frattura liscia e terrosa, piena di petrificazioni marine. Mancano però quivi le rocce trappiche. Tutta la falda di Baldo è sparsa di ciottoli porfirici e granitici smussati e rotondati dalle acque. La curiosità più singolare, che dassi a vedere in questa sponda, è il marmo giallo di Torri di varie tinte, fra le quali pregevolissimi sono il marmo azzurro e il giallo con ammoniti spatificate. Le cave esistono in copia sulla pendice di monte Baldo, sovente ascoste sotto un'argilla schistosa o ardesia di color rosso e frammiste a filoni perpendicolari di ematite di ferro, e a vari strati di marmo bianchissimo e



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variopinto in rosso. I colli poi, che dalle radici di monte Baldo vanno declinando fino a Peschiera, sono nella massima parte terreni d'alluvione, constando ora di arena ammonticchiata, ora di breccia composta di sassi calcari porfirici e granitici impastati da cemento calcare.
I monti della spiaggia settentrionale e di quella da ponente constano al pari della veronese di calcare stratificata, o di marna calcare con frequenti vestigia di corpi organizzati marini petrefatti, come Veneri, Mitili, ed altre conchiglie bivalvi, Corni d'ammone, Retipore, Madrepore, Echini, ecc., e frammiste a pietra focaia ora in massi, ora a piccoli strati e di molte fatte, massime verso Gargnano, dove oltre la focaia comune rossiccia rinviensi la bigia, la gialla nereggiante, e l'azzurra, e la verde, talora insieme connesse ed ora più ora meno trasparenti. La massa calcare il più è bianca o rossiccia; ma a Gargnano Campione, Salò, e all'Isola dei Frati presenta varie gradazioni di colori, dal cinerino all'azzurro e al nero, e riceve anche pulimento, siccome il vago marmo nero di Tremosine. Questa fatta di calce colorata stroppicciata manda un odore fetente. Nella calce e marna azzurrognola dei monti di Campione sono racchiuse palle più o meno voluminose di silice sovente coperte d'un astuccio calcare più duro della roccia, simili quelle rinvenute dal Prof. Maironi da Ponte nel monte Misma del Bergamasco, e dal Prof. Catullo nel monte Carrera del Bellunese. Alcune di tali palle però constano interamente di calce o di marna indurita. I colli Salodiani sono a luogo a luogo di terza formazione. Tutti poi sono cosparsi di cristalli di quarzo in prismi bellissimi e di ciottoli di diaspro giallo e rosso ed al-



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tre tinte, non che di calcedonie, agate, e corniole eleganti, e petroselci squamosi il più rossicci. L'arena della spiaggia è costituita di ciottoli calcari dagli adiacenti monti caduti, frammisti a sassi e frammenti angolosi granitici e porfirici bellissimi di molte fatte, e di schisto in ispecie, cui le acque dei torrenti hanno staccato dalle rocce, che costituiscono gl'interni monti bresciani. Imperocché ivi esistono ampi tratti formati di schisto argilloso, cui talora è sovrapposta la calcaria, e le serve di base un'arenaria rossa o grauvachia composta di frammenti più o meno voluminosi di quarzo impastati in un cemento argillo-ferruginoso rossiccio, e mescolato di squamette di mica. Lo schisto micaceo è all'arenaria ben sovente sottoposto, e tal rara volta sovrapposto. Fra le fenditure degli strati poi apparisce lo spato calcare in prismi esagoni elegantissimi. Entro a tali rocce stanno pure le rinomate miniere di ferro, che lavoransi nelle fucine fabbricate sui fiumi Brasa e Tusculano. Sul margine meridionale finalmente del Lago scorgonsi qua e là piccole stratificazioni di torba.
Un fenomeno singolare noto da lunghissimo tempo offre il Lago al lato orientale di Sermione. Osservando attentamente la sua superficie scopresi una congerie non interrotta di bolle d'aria talora fumanti, che in cinque distinte parti escono gorgogliando sulla sopraffaccia dalla profondità d'incirca 70 metri. Una sesta sorgente apparisce più addentro nel Lago. L'odore di tali bolle è d'uova fracide inclinante al sulfureo il sapore acidetto. Alcuni sperimenti hanno svelato in esse gas acido carbonico e gas idrogeno solforato.



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Altro fenomeno, di cui mi fecero accorto i pescatori, è una corrente subacquea da essi detta il corrivo, la quale quando esiste sconvolge e ammucchia loro di tal fatta le reti, che sono astretti a desistere dalla pescagione. Questa ho veduto a Lazise, a Bardolino, a Garda, ma assai entro il Lago: rapidissima poi è a S. Vigilio, a Torri, Malcesine, Limone, Campione, Gargnano. Essa ha due direzioni, o da mezzodì a settentrone, o da settentrione verso austro. La superficie del Lago sovente non dà verun indizio dell'esistenza del fenomeno, mentre o è placida, o è appena lievemente increspata, ovvero le sue onde sono agitate in senso opposto. Continua talora due o tre giorni, e persevera nell'incominciata direzione. Secondo quello che affermano i pescatori suole apparire il corrivo dopo grandi burrasche. Le due prime volte appunto, ch'io osservai il fenomeno, il dì e la notte antecedente il sovero ovvero tramontano avea sconvolto l'onde benacensi e la direzione era da mezzogiorno a settentrione. Una terza volta vidi la corrente in direzione opposta, e nel giorno antecedente fuvvi un fiero turbine cagionato dall'ora o vento meridionale. Dal che ne emerge, che la cagione di un tal fenomeno sono i venti, i quali sospingendo violentemente le onde ora a una estremità del Lago ora all'altra, le costringono a schiudersi una corrente opposta negli strati inferiori onde ristabilire l'equilibrio. Che quello che asseveriamo sia vero, il conferma l'osservazione di ciò che interviene nella parte meridionale del Lago, come a Bardolino, Lazise, Maderno, Tusculano. Quivi il bacino essendo molto ampio, e potendo le acque rifluire liberamente, la corrente subacquea è di gran lunga meno rapida che a S. Vigilio, a Torri, e nelle



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parti più settentrionali. Oltracciò, avendo quivi frequente dominio altri venti oltre i due principali, assume la corrente altre direzioni, vale a dire da oriente verso occidente, o da occidente, in oriente secondo che il vento preceduto muoveva da occidente ovvero da oriente.
I vegetabili che crescono nelle acque del Lago sono pressochè tutti quelli che si rinvengono nei luoghi acquatici e palustri. Però fra le fenditure delle rupi germogliano varie piante delle regioni australi. Eccovi il catalogo delle principali che ho rinvenuto e nelle acque e sulle sponde, aggiunto alle meno comuni il luogo dove nascono.


Agave americana. Nelle rupi a S. Vigilio, Limone, Gargnano, Tusculano Isola dei frati. Apargia incana. Ponale, Campione, S. Vigilio.
Agave β. fol. margine luteo. S. Vigilio. Arabis Turritis. Isola dei Frati, Sermione.
Agrimonia Eupatorium. Arenaria bavarica. Riva, Limone, Campione.
Agrostis miliacea. Campione, Gargnano. Artemisia Absynthium.
Alisma Plantago. Artemisia camphorata.
Allium angulosum. Torri. Arum italicum. Garda, Minerva.
Allium neapolitanum. Bardolino. Arundo Donax. Gargnano, Salò, Isola dei Frati.
Allium paniculatum. Arundo epigejos. Limone
Allium rotundum. S. Vigilio, Moniga. Arundo Phragmites.
Althaea officinalis. Asclepias Vincetoxicum.
Alyssum calycinum. Asparagus acutifolius. Garda, Bardolino.
Amaranthus Blitum. Aspidium Thelipteris. Peschiera.
Amaranthus retroflexus. Aster Amellus.
Amaranthus sylvestris. Aster annuus.
Anagallis tenella. Garda. Astragalus Onobrychis. S. Vigilio, Gargnano.
Andropagon Gryllus. Athamanta Cervaria.
Andropagon halepensis. Athamanta Libanotis.
Andropagon Hischoemum. Athamanta Oreoselinum.
Anethum Foeniculum. Nelle rupi. Atriplex patula. Peschiera.
Anthemis arvensis. Atropa Belladonna. Tra Sermione e Peschiera.
Anthemis Cota. Betonica officinalis.
Anthemis tinctoria. Bidens bipinnata.
Anthericum ramosum



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Bidens cernua. Peschiera. Carpesium cernuum. Isola dei Frati, Rivoltella, Peschiera.
Bidens tripartita. Crataegus monogyna.
Bromus erectus. Huds. Smith. Crepis foetida.
Buphtalmum grandiflorum. Caucalis grandiflora.
Buphtalmum Speciosissimum. Presso Tremosine. Caulinia fragilis.
B. caule plerumque monanthodio, foliis alternis, ex amplexante basi ovatis, nudis, denticulatis,
subciliatis, inferioribus in petiolum alatum semivaginantem desinentibus. Mihi.
Celtis australis.
Provenit etiam in monte Grigna vallis Saxinæ provinciæ Comensis, loco dicto la valle dei molini. Corollulæ luteæ. Quintili et Sextili mensibus floret. Perenn. Centaurea crupina.
Buphtalmum spinosum. Brenzone, Riva. *Centaurea Jacea, β. C. amara. L.W.
Bupleurum Odontites. Castelletto. Centaurea nigrescens.
Bupleurum Gerardi. Centaurea paniculata.
Challitriche aquatica, æ autumnalis. Peschiera. Centaurea Scabiosa.
Challitriche aquatica γ. C. verna. Ceratophyllum demersum. Peschiera, Sermione.
Calluna vulgaris. Cercis Siliquastrum.
Caltha palustris. Peschiera. Circea lutetiana.
Campanula bononiensis. Tra Castelletto e Torri. Chara hispida.
Campanula glomerata. Chara vulgaris.
Campanula patula. Brenzone, Castelletto. Cheiranthus erysimoides.
Campanula persicifolia. Cnicus palustris. Peschiera, Tusculano.
Campanula rotundifolia. Malcesine, Ponale. Cochlearia Coronopus. Salò.
Campanula sibirica. Conjugata angulata (1). Vauch.
Campanula spicata. Conjugata cruciata (1). Ejusd.
Campanula Trachelium. Conjugata lutescens (1). Ejusd.
Carduus defloratus. Conjugata porticalis (1). Ejusd.
Carex acuta. Conjugata princeps Ejusd.
Carex alba. Malcesine. Convolvulus Cantabrica.
Carex baldensis. Limone. Coriandrum testiculatum.
Carex clandestina. Malcesine. Cornus mascula.
Carex dioica. Malcesine. Coronilla Emerus.
Carex Michelii. Coryllus Avellana.
Carex paludosa. Crataegus monogyna.
Carex pendula. Peschiera, Tusculano. Cucubalus Behen.
Carex pillulifera. Cucubalus Otites.
Carex recurva. Cyclamen europæum.
Carex Schreberi. Cyperus flavescens.
Carex verna. Cyperus fuscus.
Carex vulpina. Cyperus glomeratus. W. Enum. non Sp. pl. Ejusd. (Segu. Ver. III. p. 68. t. 2. f. 3.) Peschiera, Lazise.

(1) Nei prati e nei seni, e nei ruscelli.



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Cyperus longus. Epilobium pubescens.
Cyperus Monti. Epilobium tetragonum. Peschiera, Tusculano.
Cytisus argenteus. Gargnano, Salò. Epipactis rubra. Gargnano, Ponale, S. Vigilio
Cytisus hirsutus. Equisetum arvense.
Cytisus nigricans. Equisetum fluviatile. Peschiera.
Cytisus purpureus. Malcesine Navene, Riva. Equisetum hyemale
Cytisus sessilifolius. Euphrasia tricuspidata. Campione, Ponal, Malcesine.
Daphne alpina. In campagnola di Malcesine. fra le rupi della sponda. Evonimus latifolius . Malcesine.
Daphne Laureola. Lungo il Ponale, Campione. * Favolus mori. Mihi. Hexagonia mori. Pollin. Hort. et prov. veron. pl. nov. vel min. cogn. pag. 35. fig. 2. Malcesine, Bardolino, Salò.
Dianthus atro-rubeus. Erythraea Centaurium.   E. caule tetragono dichotomo corymboso, foliis ellipticis trinerviis, floribns sessilibus, calycibus quinquefidis, corollæ tubo dimidio brevioribus. Mihi. Copiose circa Piscariam, Malamscilicem et alibi. Ann.
Dianthus Carthusianorum. Erythraea intermedia.   Mihi. Chironia intermedia. Mérat Nouv. flor. de Paris pag. 91. E. caule ramoso dichotomo, compresso-tetragono foliis ovatis, summis linearibus, floribus pednnculatis, calycibus quinquepartitis corollæ tubo subæqualibus. Mihi. Provenit in pratis humidis secus lacum in loco dicto Lugana Sirmionem inter et Arelicam. Augusti initio florentem legebam. Mihi occurrit etiam secus Ticinum fluvium; nec non ad thermas Aponinas in colle dicto il Montiron, post Junii mensis initium florens. Ann.
Dianthus plumosus. DeC. Eupatorium cannabinum.
Dianthus sylvestris. Euphorbia Lathyris. Alla Pieve vecchia di Minerva in valle Tenesi, presso l'antica iscrizione superiormente recata.
Dictamnus albus. Euphorbia nicænsis.
Dorycnium herbaceum. Euphorbia palustris. Sermione, Peschiera, Lugana.
Epilobium angustissimum. Nell'opera citata ho creato il genere Hexagonia con un fungo, cui non seppi riferire a nessuno degli ammessi dal Persoon nella sua celebre Synopsis methodica Fungorum. Ora trovo che il Sig. Beauvois nella Flora dell'Owar e Benin ha stabilito il genere Favolus, che ha appunto i caratteri della mia Esagonia. Addotto pertanto un tal genere come al mio anteriore, e ad esso riferisco come nuova specie la mia Hexagonia mori.
Epilobium hirsutum.  


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Ferula nodiflora. Garda. Jungermannia helvetica. Alle cateratte del Ponale.
Festuca fluitans. Peschiera, Tusculano. Lactuca perennis.
Festuca serotina. Lactuca Scariola.
Ficus Carica. Laserpitum Siler. Monte Castello, Ponale.
Fontinalis antipyretica. Peschiera. Lathyrus hirsutus. Peschiera.
Fumaria capreolata. Nei giardini di Limone. Lathyrus sylvestris. Campione, Salò.
Galium Bocconei. Laurus nobilis.
Galium sylvaticum. Lavandula Spica.
Geranium robertianum. Leersia oryzoides. Peschiera.
Gratiola officinalis. Peschiera. Lemna minor.
Helleborus foetidus. A Moniga presso Manerbe. Lemna polyrhiza.
Helleborus niger. Ponale, Campione. Lemna trisulca.
Helleborus viridis. Garda. Lepidium graminifolium.
Hesperis tristis. Limone. Lepidium petræum. Malcesine.
Hieracium florentinum. Linkia Nostoc.
Hieracium sabaudum. Linkia pulposa. Mihi.
Hieracium umbellatum. Linkia verrucosa. Bardolino.
Hippuris vulgaris. Peschiera. Lonicera Xylosteum.
Hottonia palustris. Bardolino. Lotus siliquosus. Peschiera, Sermione.
Hydrocharis Morsus ranæ. Peschiera. Lycopus europaus.
Hydrodiction pentagonum Vauch. Peschiera. Lycopus exaltatus. Lugana, Peschiera.
Hypericum humifusum. Garda. Lythrum Salicari.
Hypericum quadrangulum. Peschiera. Marsilea quadrifolia. Peschiera.
Hypnum riparioides. Tusculano. Medicago Gerardi.
Jasione montana. Melampyrum sylvaticum.
Ilex Aquifolium. Campione e altrove. Melica coerulea.
Ilex β inermis. Varietà bellissima, presso il Ponale. Melica coerulea β fl. albo.
Inula britannica. Melissa officinalis.
Inula dysenterica. Melittis Melissophyllum.
Inula hirta. Mentha aquatica.
Inula Pulicaria. Mentha arvensis.
Inula squarrosa. Mentha Pulegium.
Inula germanica. Mentha rotundifolia.
Iris pseudo-Acorus. Peschiera, Sirmione. Menianthes Nymphoides. Peschiera.
Juncus articulatus. (1) Mespylus Cotoneaster. Ponale, Monte Castello.
Juncus bufonius. (1) Myriophyllum spicatum.
Juncus bulbosus. (1) Myriophyllum verticillatum.
Juncus effusus. (1) Najas monosperma.
Juncus sylvaticus. (1) Nepeta nuda.

(1) Peschiera


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Nerium Oleander. Campione, Limone, Salò, Moniga, Castelletto. Potentilla caulescens. Riva, Campione, Gargnano.
Olea europea. Fra le rupi. Prenanthes muralis.
Ononis minutissima. Monte Castello, Gargnano. Primula veris. Malcesine.
Ononis pinguis. Primula vulgaris.
Onosma echioides. Prunella grandiflora.
Ophrys apifera. Alla Rocca di Garda. Pteris aquilina.
Ophrys arachnites. Ivi. Punica Granatum.
Ophrys aranifera. S. Vigilio. Pyrus torminalis.
Orchis hircina. S. Vigilio. Quercus Esculus.
Orchis Morio. Quercus Ilex.
Orchis piramidalis. Quercus pedunculata. Salò, Desenzano, Rivoltella.
Origanum vulgare. Quercus Robur.
Pastinaca sativa, Ranunculus fluviatilis. Peschiera.
Pedicularis palustris. Peschiera. Ranunculus scelleratus. Peschiera.
Phalaris arundinacea. Reseda Phyteuma. Bardolino, Garda.
Phillyræa latifolia. S. Vigilio, Monte Castello e altrove. Rhamnus Frangula.
Phytolacca decandra. Rhamnus pumilus. Monte Castello.
Picris hieracioides. Rhamnus saxatilis.
Pimpinella dioica. Rhus Cotynus.
Pistacia Terebinthus. Riccia fluitans. Peschiera.
Plantago subulata.
Poa aquatica. Peschiera. Rosa rubiginosa fl. albo. Campione.
* Poa aquatica β prolifera. Varietà bellissima, presso Peschiera. Rosmarinus officinalis. Copiosissimo fra le fessure di Monte Castello, e presso Campione.
Poa compressa.
Polygonum amphybium. Peschiera, Sermione, Tusculano. Rubus cæsius. Peschiera.
Polygonum Hydropiper. Rumex aquaticus.
Polygonum minus. Ruscus aculeatus.
Polygonum Persicaria. Ruta chalepensis.
Polysperma glomerata. Vauch. Saccharum Ravennæ. Peschiera e lungo la Sarca.
Potamogeton compressum. Sagittaria sagittifolia. Peschiera.
Potamogeton crispum. Salix caprea.
Potamogeton densum. Salix riparia.
Potamogeton lucens. Salix triandra.
Potamogeton marinum. Salvinia natans. Peschiera
Potamogeton natans. Salvia glutinosa.
Potamogeton perfoliatum. Samolus Valerandi. Peschiera, Bardolino, Tusculano.
Potamogeton serratum. Saponaria officinalis.
Potentilla alba. Garda, Bardolino, Lazise. Satureja hortensis. Garda.


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Satureja montana. Scirpus lacustris.
Scabiosa graminifolia. Limone, Castello, Gargnano. Scirpus maritimus.
Scabiosa Succisa. Peschiera, Cavalcaselle. Scirpus mucronatus.
Scabiosa transilvanica. Peschiera. Scirpus palustris.
Schoenus Mariscus. Peschiera. Scirpus triqueter.
Schoenus nigricans. Peschiera, Malcesine. Scrophularia aquatica. Peschiera, Sermione.
Scirpus acicularis. Peschiera. Scrophularia nodosa.
Scirpus Caricis. Peschiera, Lugana. Scutellaria galericulata.
Scirpus dichotomus Presso Manerbe. Seseli annuum. Bardolino, Colà.
Senecio aquaticus: foliis inferioribus obovatis subdentatis, reliquis pinnatifido-lyratis dentatis, radio patente, seminibus glabris. Mihi. Nei luoghi umidi. Seseli elatum. Riva, e lungo la Sarca.
Senecio Jacobæa: foliis radicalibus petiolatis ellipticis dentatis, caulinis imis pinnatifido-lyratis, reliquis semiamplexicaulibus pinnatifidis, radio patente, seminibus hirsutis. Mihi. Nelle selvette dei colli a Castelletto, e in valle della Sarca. Sempervivum tectorum. Monte Castello.
Senecio paludosus. Spartium junceum. Campione, Gargnano.
Senecio viscosus. Malcesine, Torbole. Spartium radiatum. Campione, Manerbe.
Sesleria cœrulea. Stachys palustris.
Silene nutans. Stachys sylvatica.
Silene Saxifraga. Limone, S. Vigilio. Stipa pennata. Garda.
Sisymbrium amphibium. Tamus communis.
Sisymbrium Nasturtium. Teucrium Chamædrys.
Sisymbrium sylvestre. Teucrium montanum.
Sisymbrium tenuifolium. Thalictrum angustifolium.
Sium angustifolium. Thalictrum flavum.
Sium latifolium. Thrincia hirta. Peschiera.
Solanum Dulcamara. Thymus Acynos.
Solanum miniatum α fructu miniato. Thymus angustifolius.
Solanum miniatum β fructu luteo. Salò. Thymus Calamintha.
Solanum nigrum. Thymus grandiflorus.
Sonchus palustris. Peschiera. Thymus lanuginosus.
Sparganium ramosum. Thymus Nepeta.
Scirpus Holoschoenus. Peschiera. Tordylium maximum. Bardolino, Salò.


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Trichodium caninum. Valeriana rubra.
Trifolium angustifolium. Peschiera. Valeriana rubra β fl. albo. Rocca di Garda, fra le fenditure della rupe.
Trifolium fragiferum. Vallisneria spiralis.
Trifolium medium. Verbascum Blattaria.
Trifolium montanum. Verbascum Lychnitis.
Trifolium rubens. Verbascum Lychnitis β. fl. albo.
Trifolium scabrum. S. Vigilio. Verbena officinalis.
Turritis hirsuta. Veronica Anagallis.
Tussilago Farfara. Peschiera. Veronica Beccabunga.
Tussilago Petasites. Veronica officinalis. Ponale, Campione, Malcesine.
Typha angustifolia presso Peschiera. Veronica prostrata.
Typha latifolia presso Peschiera. Veronica spicata. Torri, Gargnano.
Typha minima presso Peschiera. Viburnum Lantana.
Ulva gelatinosa. Vauch. Peschiera. Vicia lutea. Malcesine, Gargnano.
* Ulva turbinata. Mihi. Sermione, Isola dei frati. Vedrassi la descrizione inferiormente. Viburnum Opulus. Bardolino, Sermione, Peschiera.
Utricularia vulgaris. Vitis vinifera.
Valeriana dioica. Peschiera, Bardolino. Zyzyphus Paliurus.
Valeriana officinalis. Zyzyphus vulgaris.



(omissis)


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ALLO STESSO.

Lettera II.a sul monte Baldo



Dopo alcuni giorni adunque di dimora a Bardolino, come vi dicea, c'incaminammo a monte Baldo, e fummo pria di tutto a Caprino, villaggio fabbricato alle di lui falde meridionali. È posto monte Baldo alle fauci dell'alpi, che l'Italia dividono dalla Germania, a venti miglia a ponente di Verona. L'Adige ne bagna le radici a levante, il Benaco a occidente a settentrione ha l'Alpi Retiche, cui si congiunge per la valle Lagarina, e, declina dolcemente a mezzodì sino a S. Vigilio e Caprino. Stendesi l'altro suo dorso da settentrione verso austro, e s'estolle sino all'altezza di 2228 metri, ed ha di lunghezza trenta miglia, di larghezza undici. Il suo fianco orientale è erto e inaccessibile, quello d'occidente parte è selvoso, parte si stende in ampie valli e dolci pendici. Le più umili cime sono tutte erbose, le altissime sono ignude balze ed aspri dirupi. Ma che veduta da quei luoghi! Scorgiamo a settentrione scender dall'Alpi del Tirolo precipitoso l'Adige. Roveredo ne si para in distanza; la sottoposta valle amenissima è cospersa di borghi e villaggi; le Alpi Retiche col vertice mai sempre nevoso disposte ad anfiteatro chiudono la prospettiva. Deliziose colline appariscono a levante, che soavemente declinano in fertili valli, e l'Adige frettoloso, che ser-



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peggiando penetra in Verona, che fa di sé bella mostra; e quando sia cielo serenissimo spingesi la veduta ai monti Berici, agli Euganei, al mare. A mezzo giorno eccoci la vasta pianura dall'Alpi all'Appennino, e le Città si discoprono, e i borghi, e scorrer vedesi il Mincio e il Po. Ma tutto vince la veduta di ponente, poichè tutto vince la bellezza del Lago. Vedesi dal piè del monte, che n'è bagnato, estendersi il mobil piano dell'acque cerulee; e le rupi di fronte, ei verdi colli delle sponde, ei giardini, ei villaggi, e le isolette, e le navi scorrenti sull'ondeggiante superficie son tale incanto, la cui dolcezza non si può con parole esprimere. Venite, amico, venite sul giogo di Baldo. Meraviglioso soprammodo è lo spettacolo, che qui offre la natura alla vostr'anima sensibile!
Nè men caro vi riescirà monte Baldo per sè stesso. Imperocché e vi rallegreranno da un lato amplissime praterie, tutte di variopinti fiori seminate, onde olezzo soavissimo si diffonde all'intorno, e v'empieranno dall'altro l'anima di sublimità le folte selve maestose, venerabili per Faggi antichi, per Larici, per Pini e per Abeti altissimi; e qui son pendici amene cosparse di capanne, e veggonsi gli armenti pascolar tranquilli, mentre il pastore all'ombra fa eccheggiar le balze della sua zampogna; e là asprissimi dirupi appariscono, e roccie precipitevoli, e valli squallide profondissime, ove la natura regna solitaria e minacciosa. Nè mancan torrenti, che precipitano dalle rupi, ruscelli di dolci acque, che van rigando con lento corso il seno di amene vallette, e fonti gelidissimi circondati da salvatici alberi. Nulla poi è a dire della serenità del cielo e dell'aria saluberrima che vi si



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spira; perché niente avanza il bello azzurro di quello, niente la leggerezza, l'elasticità di questa, sicchè par sicchè ne infonda altra vita.
E da tutte queste cose beveva io appunto una dolcezza infinita, seduto sull'erbosa vetta di Baldo, che soavemente oliva; quando piacque alla mia ventura offrirmi uno spettacolo spaventoso e sublime. Limpido era il cielo sull'alto giogo, taceva ogni vento, ed ecco sui fianchi del monte adunarsi nembi, mugghia orribilmente il tuono, guizza la folgore sotto ai miei piedi, il lago è coperto di caligine, e s'eleva in monti e si profonda in voragini. Odo intanto da altro lato il fragore e lo scroscio della grandine, e il rovinío dei torrenti, che fan fuggire armenti e pastori. La tempesta infuriò alcun tempo, ma dei venti lottatori vince quel di ponente, e disperso è ogni nembo, e la valle è di nuovo illuminata, e l'onde del lago tingonsi novellamente di cilestro; tutto è calma, è riso. E il sole che da ponente lanciava i suoi raggi uno spettacolo meroviglioso mi offerse un arco bellissimo, non già qual sogliamo comunemente rimirarlo, ma sotto forma di settemplice circolo apparve in cielo.
Ma venendo ora a ciò che risguarda particolarmente il naturalista, e intendendo io dirvi anzi tutto alcuna cosa intorno alla costruzione di monte Baldo, non posso non comprendere nella disamina anco gli altri monti Veronesi, ciò richiedendo l'analogia di questi con quello. I monti Veronesi sono diramazioni dell'Alpi Retiche primitive poste nel centro del Tirolo, le quali a mano a mano declinando s' appianano negli ame-



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nissimi colli vestiti d'olivi, di viti, e d'alberi fruttiferi, alle cui falde è fabbricata Verona... (omissis)



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Spaziose valli scavate dai torrenti tagliano da settentrione a mezzodì questi monti, delle quali le prin-... (omissis)



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cipali sono le valli dell'Adige e Lagarina, che dipartono monte Baldo dagli altri monti Veronesi, e lungo...(omissis)



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le quali scorre la via di Germania e scende il fiume; le valli Pulicella e Pantena, l'una a destra l'altra a sinistra della città, e la valle d'Illasi quindi, e la famosa di Roncà di tutte la più orientale. Si congiungono essi da oriente coi monti Vicentini, a occidente il Lago di Garda li separa dai monti Bresciani. Negli antichi tempi era l'alveo dell'Adige differente da quello che scorgesi a dì nostri, e assai più alto: vuolsi anche che la valle Lagarina fosse allagata dalle... (omissis)



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sue acque. Discorrea esso fra le falde di monte Baldo e monte Bibalo, che era continuazione del monte Pastello, e sboccava per la valle di Caprino. I Romani furono quelli, che spaccate le rupi della Chiusa dischiusero la strada di Germania e un nuovo letto al fiume. Del che indubitata prova ne porge la direzione della vetta dei monti Bibalo e Pastello, e più la giacitura degli strati dei monti della Chiusa, tagliati quasi a piombo costituiscono le due sponde dell'Adige, e che si osservano dovunque corrispondenti.
Il più elevato di questi monti è il Baldo, seguono poscia il Pertica di poco minore o forse di eguale altezza, quindi Campobruno, Tomba, Zevola, Gramulone, Alba e Bolca, i quali tutti costituiscono a settentrione la catena di confine della nostra provincia col Tirolo. Le loro vette son per quasi due terzi dell'anno coperte di neve ed offrono croste scarme e frastagliate, punte acute, rupi orride ed ignude, caratteri che distinguono questa fatta di rocce. Qualche macchia di Mughi (Pinus Pumilio W. ) e d'alcun altro nano arboscello scorgesi a stento sui loro fianchi. Di pascoli e di prati feraci sono coperti la più parte dei monti meno elevati, e in ispecie i Lessini. Le maestose selve di Larici, di Pini, di Abeti e di Faggi, che un tempo li vestivano, furono a questi ultimi secoli quasi al tutto divelte; sorgente fatale dell'incostanza del nostro clima, dello straripamento dei fiumi, e d'altri danni gravissimi! La massa che compone questi monti non meno che la rimanente catena, che circoscrive la pianura Veneta a settentrione, consta di calcare secondaria in istrati



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più o meno orizzontali, di colore il più grigio sudicio, o perlino, o bianchiccio, o talora d'un rosso languido, di frattura affatto terrea, imperfettamente concoide, opaca e senza lucentezza. Gli strati calcari racchiudono filetti e vene spatiche, frequenti straterelli di creta, di marna, di argilla, di focaia, di silice di quarzo, e sono zeppi d'infinite maniere di corpi organici vegetabili e animali specialmente marini petrificati, ora confusi e ammonticchiati, ora disposti quasi in famiglie, come rami, foglie, frutti di diverse piante (a Grezzana, a Bolca), serpenti, chiocciole, turbini, bucini, ostriche di maravigliosa grandezza (Roncà, Brentonico, Bolca), madrepore, astroiti, spine d'echini, raggi di stelle marine, nummali o discoliti di moltissime specie, noccioli di anomie, e particolarmente di corni d'ammone di numero e varietà grandi sopra ogni credere. Però i petrefatti che vogliono particolare ricordanza sono gl'innumerabili ittioliti di monte Bolca. All'altezza di seicento metri dal mare entro strati irregolarmente inclinati di schisto marno-bituminoso, alternanti colla calcare amorfa rinvengonsi tronchi di vari alberi, felci, ed altre erbe di diversi climi massime marine improntate sullo schisto, e penne d'augelli, e scheletri di crostacei, di serpenti, d'insetti, ma particolarmente di pesci. I più di cotali pesci giacciono in una posizione tranquilla colle loro parti più delicate ossee e cartilaginose al tutto conservate e penetrate da cristallizzazioni calcaree o anche piritose. Le disamine intraprese dai naturalisti ànno rivelato appartenere altri ad esseri tuttora viventi nell'acque salse e nelle dolci dei climi nostri e dei lontani, ed altri molti essere per anco



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sconosciuti. Oltre quelli già descritti ed incisi nell'insigne Ittiolitologia Veronese avvene moltissimi recentemente scoperti, che adornano i gabinetti dei Signori Gazzola, Castellini e d'altri naturalisti, e il loro numero va tuttodì crescendo.
Agli ittioliti voglionsi aggiungere le osteoliti scoperte nei monti di Valmenara presso Grezzana, e quelle rinvenute nella breccia calcare di una grotta al Cerè presso Alfaedo, e sovrattutto le smisurate zane e le ossa di elefanti disotterrate al Serbaro presso Romagnano, con quelle di cervi e d'altri quadrupedi dell'ordine delle fiere e dei ruminanti, coperte da un terriccio untuoso e penetrate da uno spato calcare.
Ma tornando alla roccia calcare dico, che avvi diversi luoghi dei monti nostri, nei quali essa acquista un granito più fino e più duro, riceve pulimento, e costituisce i pregevoli marmi, dei quali è ricca la provincia veronese. Vi ho già fatto cenno dei leggiadri marmi di Torri. Bellissimi pur sono il giallo-rosso fosforeggiante di Brentonico, il rosso venato di S. Ambrogio, il marmo lumachella di S. Vitale, ch'è a fondo rosso variegato dalle osteoliti bianche, e la lumachella opalizzante fosforica del monte Pernise presso Lugo ( * ). Però a mano a mano che ci eleviamo e c'interniamo nei monti la calcare si dispone in istrati meno regolari e diversamente inclinati. Scompariscono gli strati di silice e di focaia, e più rare sono le petrificazioni. Molte cime di monte Baldo come Costabella,

(*) Si annoverano oltre 70 specie di marmi veronesi, de ' quali però la metà si rinvengono soltanto erratici


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valle Finestra, bocca di Navene, Altissimo, sono formate di calcare ora squamosa e lucente, ora a grano finissimo che passa in oolite a globetti più o meno minuti, più o meno pronunciati. Fra le varietà di calce carbonata dei nostri monti due meritano particolare menzione: una è la Calcare in bastoni affastellati, o Calcare bastonite comunemente detta madreporite. Noi ne abbiamo rinvenuto un gran masso erratico a manca della strada che dal Campedello scorge al Cambrigaro presso la Ferrara di monte Baldo, staccato forse dall'altà pendice, e colà precipitato dal vicino torrente; l'altra è quella bella varietà di bastonite non rara in monte Viale e in altri luoghi del Vicentino, la quale chiamano tartuffite, perchè percossa col martello manda odore di tartuffo. Trovasi questa presso Castagnè.
Le spelonche che soglionsi aprire nei monti calcari, non mancano a noi pure, come al Ponte di Veja, al Covolo di Velo, al Pralungo sotto l'Ortigara in monte Baldo, e altrove. Niuna però merita particolare menzione, laddove non vogliansi eccettuare quelle del Covolo di Velo, ove è fama, che siensi rinvenute delle ossa di orso. Rammenteremo piuttosto una curiosità singolarissima, che offresi nei monti oltre Lugo, detta il Ponte di Veja. All'ingresso d'una valle tutta circondata di dirupi calcari, che riempiono l'anima d'un dolce orrore, prolungasi un arco gigantesco d'una regolarità ed armonia meravigliosa. Consta esso di strati di marmo variopinto. La sua grossezza è di metri 6,84, la larghezza di 17,10, sicchè porge comodissimo varco dai due lati della valle. Però le due facciate non sono egualmente estese. Due scogli alti



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metri 29,41 sostengono a modo di pilastro l'arco orientale, che s'apre con una corda di 39 metri sopra 21,20 di saetta; nel mezzo avvi poi un frontale di metri 3,42 di prominenza. La corda dell'arco occidentale, il quale è assai irregolare, ascende a metri 52,66. Due spelonche dischiudonsi nei suoi fianchi, una delle quali più ampia s'addentra per lungo tratto nel monte. Un ameno ruscello, che lentamente mormorando discorre sotto l'arco precipita a pochi passi dall'altezza d'oltre settanta metri, e il bordo della cascata sporge in un secondo arco di metri 19,82 di corda sostenuto egualmente da due alti scogli, ove è scavata altra grotta meno estesa.
Rispetto alla roccia primitiva, che serve di base ai monti Veronesi, essa non si discopre in veruna parte, ed è mestieri dedurla dall'esame dei continui monti Vicentini, Bresciani, e Tirolesi. Le rocce che più comunemente si mostrano alla base sono lo schisto micaceo e l'argilloso, ai quali sovente è sovrapposta un'arenaria macigno, o una grauvachia costituita da un impasto di ciottoli di quarzo grossolani minutissimi, ove predomina talora quasi al tutto il cemento argilloso misto a esilissime squamette di mica, costituendo di tal guisa l'argilla schistosa. L'unica roccia, che oltre la calcare meriti considerazione sui monti Veronesi è quella intorno la quale pende tuttora somma controversia appo i naturalisti, massime fra quelli che non hanno viaggiato in Italia, se sia di origine acquea o del fuoco. Il trappo (trappo stratiforme o secondario dei Werneriani) modificato in basalto, in vachia, in mandoloide, in tufo vulcanico e basaltino, o direm noi diverse fatte di lave



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veggonsi apparire fra la calcare in moltissimi luoghi. Le falde settentrionali di monte Baldo constano in molta parte di tufo vulcanico e di vachia, e i villaggi Castione, Besagno, Tierno, Brentonico sono piantati sovressi Torna poscia ad apparire ora tufo vulcanico o basaltino, ora pozzolana, ora vachia, ora basalto amorfo a S. Valentino, a Pozza ferrera, ai Pianetti, in Campo sull'Altissimo, alle Scalette, ove continua lungo i fianchi del torrente Aviana, sui quali sono le cave di talco zografico. Il tufo vulcanico e la vachia sbuccan fuori di nuovo sulle coste dell' Artillon e dell'Acque negre, alla Ferrara, alla Croce presso la Corona, e molti pezzi erratici di basalto amorfo ho rinvenuto al Cerbiolo. Abbonda inoltre il trappo in valle dell'Adige fino a Trento, e trappica è la base del monte Bondon, il quale costeggia l'Adige a tramontana di monte Baldo. Scopresi pure frequentissimo negli altri monti veronesi come in valle Pulicella ai dorsi di S. Fiorino presso Mazzurega, e a Marano, come pure a Monte Larzano sopra Avesa, in Valdonega presso Verona, a Lavagno, alla Croce presso Chiesa nuova, alle Scandole, alla Montagna dei pezzi sopra le Scandole, a Tinazzo, presso monte Zevola, presso Badia Calavena, alla Ghiazza, a S. Bartolommeo, al Progno, a Rovere di Velo, a Montebello, e basalto amorfo è il vertice di monte Tomba, basalto colonnare quello di Bolca alto dalla sopraffaccia del mare metri 946,42. Dal che si scorge, che le rocce trappiche esistono ad ogni altezza dei nostri monti, incominciando dai cento metri all'incirca dal livello del mare come in Valdonega, e a monte Larzano, ed elevandosi ai mille e seicento in Campo dell'Altissimo di



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monte Baldo, e a forse mille e novecento (1) in monte Tomba. La vachia e il tufo sono sovente coperti dalla roccia calcare, e occorre ben anco l'alternativa ripetuta di strati calcari zeppi di petrificazioni con altri d'argilla e di vachia, o di tufo vulcanico, che contengono pure corpi marini avviluppati entro al loro impasto come in valle di Roncà, e nella vicina valle di Trissino particolarmente a Montecchio. Alle Acque-negre e all'Artillon di monte Baldo ove la roccia costituente il fianco del monte consta di discoliti di molte fatte con pettiniti, echiniti, ed ostreiti impastati con un marnoso-calcare, di eguale natura è pure il tufo vulcanico, ed evvi sovrapposta la calcare comune, che sull'alta vetta diventa oolitica. La vachia del veronese non è diversa da quella dei vicini monti. Di colore il più bruno o nericcio, talora bigio cinerino, o verdastro, di frattura terrea, opaca,

(1) Dico forse mille e novecento, non osando asserirlo senza dubbiezza ad onta che n'abbia eseguita la misura barometrica, perchè alcune bollicine d'aria penetrarono nel tubo in seguito a una violenta caduta. Tuttavolta le piante seguenti ch'ivi allignano mi fanno accorto, non guari rilevante esserne la differenza:
 
Achillea Clavennæ. Pedicularis rostrata.
Anemone alpina. Phyteuma comosa.
Arenaria striata. Pinus Pumilio.
Athamanta cretensis. Primula carniolica.
Cerastium latifolium. Rhododendron ferrugineum.
Cherleria sedoides. Rhododendron hirsutum.
Dryas octopetala. Salix reticulata.
Galium baldense. Salix retusa.
Geum montanum. Saxifraga mutata.
Juncus trifidus. Saxifraga Ponæ.
Lychnis quadridentata. Tussilago discolor.
Lycopodium Selaginoides. Valeriana saxatilis.
Ophrys alpina. Viola biflora
Pæderota Bonarotta.


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senza lucidezza; di durezza mediocre, talora fragile, di odore argilloso, di struttura il più cellulosa a cellette vote, e intonacate di terra verde o piene di sostanza d'altra natura costituendo la mandoloide, talora affatto massiccia e compatta formando passaggio al basalto. Entrano fra i suoi componenti ordinarj l'orniblenda comune e il feldispato, e talora l'augite e pirossena, impastati da un cemento argillo-ferruginoso più o meno abbondante. I nuclei che riempiono le cellette della mandoloide ora sono calcare amorfa o spato calcare, o talco zografico, o quarzo, o calcedonio che talora fa passaggio al semiopalo come nei monti di Badia Calavena verso Bolca, o stilbite, o mesotipe, o analcimo. Di peregrina bellezza sono le mesotipi in grossi prismi quadrangolari, riuniti in fascetti disposti a ventaglio o a stella, di aspetto limpido vetroso o bianco, e talora farinoso, che si rinvengono alle falde settentrionali di monte Baldo tra Tierno e Besagno al luogo detto pais. Sono esse disposte in filoncini qua e là nel tufo vulcanico semiscomposto, ed evvi sovrapposto uno schisto bituminoso con vestigia di carbon fossile, forse continuazione di quello della prossima valle di Sorna. La mesotipe rinviensi anche nel tufo della valle di Sam presso Castione, come pure nella mandoloide e nel basalto dei monti di Lavagno, ma è assai meno pregevole. A Montecchio in valle di Trissino nelle fenditure della mandoloide avvi bellissime cristallizzazioni di stronziana solfatica. Però un fenomeno ancor più singolare offre Monte Viale sul Vicentino. Rinvengonsi in esso corpi organizzati marini penetrati dalla stronziana solfatica, la quale ora li incrosta, e ricopre, ora li pe-



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netra, e ne riempie i gusci in guisa che modellatasi sulla loro figura assume perfettamente la forma della conchiglia, che si è distrutta. Il celebre Ab. Fortis fu il primo a far cenno di cotali petrefatti; ma non essendo nota all'epoca in cui scriveva la stronziana, ebbe i suoi cristalli per ispato calcare. In seguito il Conte Marzari-Pencati valente mineralogo, eseguendo di commissione del Governo italiano una collezione di fossili per le università del Regno, fece conoscere l'errore del Fortis. Il Sig. Castellini di Castel Gomberto fervido amatore di mineralogia vieppiù ne diffuse la conoscenza, offrendo in dono ottimi esemplari a molti naturalisti.
La vachia o è stratificata, o più sovente rinviensi in grandi masse ammonticchiate, o si conforma in palle di varia grandezza sferiche o schiacciate siccome alle Scalette in monte Baldo, a Tinazzo, presso Chiesa nuova a Rovere di Velo nei monti Lessini, a Bolca, alla Calvarina in valle di Roncà, a Montecchio e Castel Gomberto in valle di Trissino. Le palle, appaiono formate di strati concentrici, e constano sovente di trasso o tufo basaltino, vale a dire di frantumi o ciottoli di basalto impastato da un cemento argilloso, come ho veduto alle Scalette e alla Croce in monte Baldo, e alla Calvarina, a Bolca, e a Montecchio.
Il basalto trovasi sempre prossimo o in continuazione della vachia e della mandoloide. È d'un colore nero grigio più o meno carico, opaco, senza lucentezza, più o meno duro, difficile a spezzarsi, di frattura ineguale scagliosa, come ferrea e ben anco concoide. Fra i suoi componenti si distinguono l'orni-



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blenda e l'olivina. Forma esso ora grandi masse informi come nei monti Baldo, Tomba, Lavagno (1), ora si conforma in colonne di bellezza meravigliosa. Celebri in tutta Europa per la loro disposizione e regolarità sono i basalti dei Panarotti presso S. Giovanni Ilarione e d'altri luoghi nella valle di Roncà, ove sono più o meno inclinati all'orizzonte, quelli del vertice o purga di Bolca, e quelli della valle degli Stanghellini di Vestena, ove si scorgono perpendicolari. Cotali prismi sono il più esagoni, talora pentagoni, quadrangolari, e rare volte triangolari. Però vengono questi superati per la varietà e grandezza da quelli che mi vennero veduti a Trissino, ove esistono prismi di quattro sino a otto angoli, del diametro di mezzo metro, altri di settanta sopra cinquanta centimetri, altri di ottantadue metri sopra trentaquattro. A Trissino pure venne scoperto il basalto in tavole. Terre gialle e rosse stratificate irregolarmente esistono in vari luoghi dei nostri monti, come alle falde di monte Baldo presso Pilcante, in Verona stessa, a Montorio, ad Avesa, a Marcellise, al Ponte di Veja, a S. Bartolommeo, le quali tutte forniscono alla pittura colori vivaci. Ma rinomate sono le miniere di terra verde o argilla veronese o talco zografico. Giacciono nella mandoloide e nella pozzolana della parte settentrionale di monte Baldo sul pendio d'una profonda

(1) Allorchè negli anni addietro progettatosi di ristabilire il famoso arco dei Gavi si scoperse la base dell ' Arco e un pezzo d'antica strada romana, videsi ch'era questa lastricata con ciottoli di basalto. Poichè i monti basaltini più prossimi a Verona sono quelli di Lavagno, è cosa al tutto verosimile, che da essi abbiano tratto i Romani il basalto occorrente.


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valle intersecata dal torrente Aviana. Secondo l'analisi di Klaproth consta l'argilla veronese di

- Silice..................   53
- Ossido di ferro...   28
- Magnesia...........   2
- Potassa...............   10
- Acqua.................   6
    99

Secondo lo Sternberg e il Meyer contiene anche del Manganese. I filoni sono circondati da verde e da azzurro montano misti a piriti di ferro. In minor quantità si rinviene talco zografico anche presso Castione, e in monte Bolca, e a Lavagno. Il ferro e il manganese sono i soli metalli, che finora vennero rinvenuti nella nostra provincia. Trovasi il manganese ossidato metalloide alle sette fontane presso Alcenago. Una miniera di ferro, di cui furono incominciate le escavazioni nello scorso secolo ed ora abbandonate per mancanza di combustibile, esiste in valle di Botte poco lungi da Brentonico, ed altra per la stessa ragione obbliata avvi alla Ferrara dello stesso monte Baldo, ove si addittano tuttora le reliquie delle fucine poste sul torrente, le quali anticamente diedero il nome al villaggio. Vestigia di ferro ossidato lenticolare furono scoperte in monte maggiore, di Baldo, e ferro solforato trovasi abbondantemente sparso nella calcare dei colli. Fra i fossili della provincia rammenteremo innanzi tutto la calcare di Lavagno e di Mazzurega, che serve a lastricare le strade di Verona, e che contiene minuti pezzi di quarzo costituendo di tal guisa un'are-



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naria (*). Non è molto dissimile dalla così detta pietra forte onde si selciano le strade di Firenze, e che consta di squamette di mica, e granellini di quarzo. Altra arenaria stratificata bruna costituisce il letto del Litantrace della valle dei Prusti sulla sponda del torrente Illasi; e consta di mica, quarzo bruno, e feldispato con nocciuoli di calcare bianca laminare. Le volte e i sotterranei delle fortificazioni di Verona sono a luogo a luogo coperte di soda sovente mista a porzione di nitro. In un sotterraneo del Castello S. Felice fu rinvenuta abbondantissima e pura. E poichè il colle vicino, e il terrapieno constano di tufo marno-calcare zeppo di ostreiti, pettiniti, echiniti, nummali, ed altri petrefatti marini, pensa il Cav. Lorgna che essa prenda origine dalla loro sostanza. A Valcaregna presso Castione nelle cave di marmo trovasi solfato di magnesia erratico, e cave di solfato di soda esistevano altre volte a Roverè di Velo. Gesso inoltre estraesi a Torri, creta a Marcellise e a S. Floriano, e pietre focaie in copia grande al Cerro.
Avara non ci fu la natura anche di acque minerali. Vi ho già fatto menzione delle acque di Sermione. In valle di Botte in monte Baldo avvi un'acqua minerale fredda, che meriterebbe un'analisi diligente. Manca pure un'esatta analisi d'altra acqua minerale fredda, che zampilla presse Roverè di Velo a fianco d'un monte, la cui roccia principale sono la vachia e il tufo vulcanico con carbonato calcare e solfuro di ferro.

(*) Chiamasi volgarmente masegna, nome che i Padovani danno a un porfido particolare che costituisce in molta parte gli Euganei, e che serve a lastricare le strade di Padova, che per avventura è una lava.


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Il Sig. Bozza da cento libbre mediche ottenne una quantità discreta di gas acido carbonico e di carbonato di calce, mezzo grano di solfuro alcalino, ed 81 di ossido di ferro.
Una sorgente termale fu scoperta al cadere dello scorso secolo in valle Pulicella, al lato occidentale del palazzo Roveretti, presso il villaggio Domejara, lunghesso la strada di Germania, a nove miglia da Verona. Il Conte Roveretti desiderando possedere una fonte presso il suo palazzo ebbe ricorso al Sig. Pennet, che viaggiava in Italia. Accondiscese questi di buon grado, e a lato al suo palazzo indicò una polla d'acqua profonda metri 61,7246 (piedi veronesi 180). Si scavò tosto il suolo nel luogo indicato sino alla profondità di metri 60,50, ed ecco scaturire un'acqua calda, che si eleva all'altezza di quattro metri. Qualche anno dopo venne ad asciugarsi affatto la sorgente, rimase asciutta per più mesi: e già trattavasi di scavare il pozzo ivi costruito per altri cinque piedi (metri 1,7145), quando tornò di nuovo l'acqua qual prima, nè più scomparve. Giace tale sorgente a meriggio di un colle intieramente composto di calcare secondaria sparsa di echiniti e d'ammoniti, la quale a luogo a luogo riceve pulimento. Le più prossime vestigie di materie vulcaniche sono quelle poste sopra Mazzurega a oltre due miglia in linea retta fra i monti. I vegetabili ch'ivi allignano sono quelli degli altri colli Veronesi. Il fondo d'onde zampilla la sorgente è elevato, dalla superficie del mare metri 70, posta la base del palazzo misurata barometricamente di metri 130. La temperatura dell'acqua appena estratta dalla fonte è in ogni stagione di gradi 34 sopra lo



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da me calato al fondo del fonte segnò gradi 35. La trasparenza, il colore, l'odore, il sapore sono egualissimi a quelli dell'acqua comune di sorgente. Il peso specifico ai 16 gradi sopra lo zero è più di mezzo centesimo di quello dell'acqua distillata, e all'incirca eguale a quello dell'acqua di vari pozzi di Verona, Conservata per più giorni nei recipienti alla temperatura di 16-18 gradi o rimase trasparentissima, nè formò deposito veruno. Esposta al fuoco prese a bollire due minuti prima dell'acqua distillata. Io aveva deliberato istituirne un'esatta analisi, ma dal cimento d'induzione o analisi preliminare essendomi avveduto della scarsezza e tenue quantità dei principi che contiene, non ho posto cura a proseguirla con quello scrupolo ch'era mestieri, onde precisarne indubitatamente la proporzione. Il risultamento degli sperimenti fu il seguente. Una porzione d'acqua lasciata raffreddare quindi fatta bollire per un quarto d'ora rimase trasparentissima, nè fece deposito veruno. Cimentata l'acqua nella fonte e appena estratta e raffreddata, e bollita tanto colla tintura di tornasole che con quella di curcuma non offerse cambiamento. Lo stesso occorse cogli acidi solforico, nitrico, muriatico, colla tintura di galla, coll'acido prussico, colla soluzione di prussiato di potassa, coll'acqua di Lauro ceraso, e coll'alcoole. Coll'acido ossalico rimase da prima trasparente, ma coll'agitazione si fece a poco a poco lattiginosa. Col nitrato e col muriato di barite avvenne appanna- mento. Filtrata l'acqua su cui aveva agito il nitrato di barite vi si versò nitrato d'argento, che produsse



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un copioso precipitato bianco grumoso. Filtrata l'acqua stessa già cimentata col nitrato d'argento vi si versò acido solforico, che lasciò l'acqua trasparente nè produsse precipitato. Un precipitato spugnoso si ottenne pure dall'acqua termale, su cui si versò nitrato d'argento, prima che fosse stata cimentata coi sali baritici. Coll'acqua di calce avvenne leggero, intorbidamento. Sul sale precipitato si versò acqua stillata, che non lo disciolse interamente. Vi si aggiunse acido solforico, e non avvenne effervescenza. Sperimenti po- steriori hanno dimostrato solfato di magnesia disciolto nell'acqua, e la porzione di sale rimasta insolubile solfato di calce si riconobbe. Con l'acetato di piombo si ottenne dall'acqua termale un precipitato bianco piuttosto copioso. Col carbonato di potassa e d'ammoniaca divenne lattiginosa, e il precipitato raccolto si disciolse con effervescenza nell'acido solforico, e si scoperse un carbonato di magnesia. Tali sperimenti ed alcuni altri che per brevità io lascio ne rivelano, che l'acqua termale di Domejara non contiene nessun gas nè acido libero, e che i sali in essa disciolti sono una tenue quantità di solfato di magnesia, e una maggiore di muriato di magnesia. Dall'osservazione dei precipitati ottenuti con vari reattivi inclinerei a stabilire, che in cento libbre mediche d'acqua termale avvi di

- Solfato di magnesia grani.....   30
- Muriato di magnesia grani....   70
    100


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Dall' addotta analisi pertanto uom comprende, debole dover essere la virtù medicinale di tale acqua, e che le guarigioni mercè lei ottenute di alcune, artritidi, reumi cronici, ed erpeti voglionsi ascrivere principalmente al calore del bagno con essa fatto. Dalle falde di due colline di vachia sovrapposta alla calcare conchiglifera stillano le acque termali di Caldiero, celebri fin dai tempi di Augusto e che nel terzo consolato di Petronio Probo ebbero il nome di fonti di Giunone. I Veronesi al finire del secolo 15.mo le ristaurarono ma tuttavolta sono ora decadute dall'antico splendore. Conservano esse in ogni stagione la temperatura di 22 gradi. Il loro peso specifico è di 1005, e l'analisi di 100 libbre mediche istituita dai Dottori Zenone Bongiovanni e Matteo Barbieri ha rivelato

Gas idrogeno solforato in quantità mediocre
- Carbonato di calce............   87
- Carbonato di magnesia.....   17
- Carbonato di allumina......   100
- Solfato di soda..................   32
- Solfato di calce.................   30
- Solfato di allumina...........   21
- Muriato di soda marziale..   45
- Muriato di calce................   15
- Muriato di magnesia.........   9
- Terra silicea......................   8
- Ossido di ferro.................   6
    280

Finalmente farò un cenno del litantrace o carbon fossile, che a larga mano diffuse la natura sui colli



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e monti Veronesi. E ben è sventura che in tanta scarsezza di combustibili giaciansi neglette cotali miniere, mentre il loro scavo e salverebbe i pochi boschi, che ancor rimangono pei bisogni delle arti, e diminuirebbe l'alto tributo di danaro, che la provincia Veronese paga annualmente al Tirolo per la provvisione del combustibile.
Monte Bolca, questo rinomato cimitero d'infinite fatte d'esseri organizzati, e sede di meravigliosi feno- mini geologici, offre ben anco un suolo sovrammodo dovizioso di litantrace schistoso e piceo ottimo a far bollire prontamente il ferro. Sopra la calcare, che costituisce la base e l'ossatura del monte, e che racchiude i celebri ittioliti, riposa una infinità di strati paralleli di litan trace alquanto inclinati all'orizzonte nella direzione del N. O. al S. E. coperti e intersecati da trappo vulcanico, e in alcuni luoghi a immediato contatto del basalto in rozzi prismi paralleli, di cui abbiam già fatto cenno, e che li ricopre e costituisce il vertice detto la Purga di Bolca. Lo schisto bituminoso serve di matrice.
Altra ricca miniera di litantrace schistoso ottimo a far bollire il ferro meglio e più presto d'ogni altro, siccome rivelarono gli sperimenti del Cavalier Amoretti e quelli istituiti nelle fonderie militari, trovasi alle falde settentrionali-orientali di monte Baldo sulla sponda destra del torrente Sorna inferiormente al villaggietto Train. Vari indizi di litantrace dansi a vedere presso S. Giovanni Ilarione; e sul pendio del monte Calvarina nella stessa valle di Roncà, al luogo detto la casa dei Rossetti, esistono strati di schisto argillo-bituminoso in isfoglie sottilissime, cui i volgari chiama-



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no libri del Diavolo. Alternano essi con istrati di tufo vulcanico giallo-scuro penetrati dal bitume. Finalmente litantrace ottimo piceo esiste alla Ghiazza, lignite fibroso presso Castagnè, lignite terreo alla Ca di David, litantrace schistoso a Grezzana, e in valle Tanara, e in più altri luoghi, siccome vedrassi dalla bella ed utilissima memoria, ch'è per escire alla luce Sui combustibili fossili della provincia Veronese del sullodato Conte Ignazio Bevilacqua Lazise.
A compimento di questo abbozzo geologico debbo aggiungervi, che parecchi nostri colli constano ora di tufo calcare o mattaione, ora di breccie o puddinghe composte di ciottoli, e frammenti calcari più o meno voluminosi, impastati in un cemento calcare, coi quali avvi talora dei sassi di porfido e di granito. Tali sono quelli che dividono la valle di Caprino dalla valletta di Rivole, come pure la catena che da Garda va declinando verso Peschiera. Di puddinga sono pure alcuni gioghi meno elevati di monte Baldo, come in valle Basiana, ove risultano di frammenti più o meno voluminosi e angolosi di calcare impastati da un cemento calcare o marnoso ; e il fianco settentrionale-orientale dell'Altissimo di monte Baldo sopra Brentonico consta di ghiaja e di sabbia calcare, sicchè offre frane e scoscendimenti considerevoli. Tutta l'alta pianura Veronese infine è quasi interamente costituita d'alti banchi di sassi calcari, porfirici, schistosi, e granitici, di quarzo, di focaia frammisti a sabbia, ad arenaria, a creta e argilla. L'Adige e i torrenti, che giù precipitano dai monti, ne discuoprono a luogo a luogo i diversi strati. Questi ultimi fenomeni par cosa ragionevole attribuire alle varie catastrofi, cui ebbe a



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soffrire il nostro fiume; e sovrattutto all'epoca che vennero spaccati i monti della Chiusa. Dalla esposizione fattavi della struttura di monte Baldo voi vedete, mio celebre amico, che non molte cose presenta atte a risvegliare la curiosità del geologo. Che se noi prendiamo ad esaminare gli animali che lo abitano, poco rilevante comprenderemo esserne pure la disamina. Niuno avvene che non sia nei prossimi monti o nel piano Veneto-Lombardo, salvo l'ordine degli insetti, dei quali peregrine specie si rinvengono. Vi ho già fatto cenno degli augelli e dei serpenti nostri. Niun quadrupede particolare abita il monte Baldo. Il solo Lupo (Canis Lupus) vien talora a infestare gli armenti, e l'Orso (Ursus Arctos) e la Camozza (Camoscio, n.d.c.) (Capra rupicapra) dopo la distruzione delle spaziose selve cercarono altrove più sicura stanza. Quello, onde va celebre questo monte, voi ben sapete essere le infinite e rare piante che alberga. Le sue diverse plaghe, altre apriche e aduste, altre eternamente ombreggiate, le sue valli profondissime e deserte, le sue balze sublimi fanno sì ch'ivi crescano vegetabili di famiglie e di climi disparatissimi. Questa è la cagione ond'è mestieri percorrerlo e nelle diverse stagioni e moltissime volte. Io verrò descrivendovi le varie parti; e ponendo mente allo scopo principale dei nostri viaggi, nutro fiducia che non vorrete appormi una soverchia distinzione di luoghi. Coloro che partono di Verona per due strade possono giungere alle falde di monte Baldo. Una è la via di Germania, che si abbandona valicando l'Adige al di là della Chiusa, e giungendo a Brentino, piccola terra edificata alle radici orientali. Di là per la via



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detta delle scale si ascende alla Corona. Giace questo Santuario in una gola del monte sull'ignudo fianco d'una rupe torreggiante. Guidano ad esso un tortuoso sentiero chiuso fra folte selve d'alberi e d'arbusti assai piacevoli a riguardarsi, e secento e più scaglioni nel sasso scavati, e alternanti con frequenti piani onde riesca meno disastrosa l'ascesa. Fra le fessure di cotali balze germogliano rare stirpi di piante. Presso la sommità del giogo avvi una fonte graziosa, le cui acque gelidissime porgono grato ristoro a quelli che accorrono a visitare quell'augusto ricetto di solitudine. Alquanto più alto sorgono alcuni casolari detti i Coltri e i Crosati. Da essi piegando verso settentrione si giunge alla Ferrara; ma proseguendo verso ponente ne si presentano le ubertose praterie del Prabasar e la valle Basiana ricca di pascoli e di selvette di Noccioli, di Lamponi, e di Citisi e simili piante fruticose. Sopra questa giace la valle Fredda, la più ferace fra le vicine. Altra valletta posta a mezzodì chiamasi Ime. Però abbandonando la valle-fredda incontrasi a tramontana il Campedello, quindi la Ferrara, villaggio composto di molti gruppi di case e capanne vagamente disposte nel fondo d'una vastissima valle, fiancheggiata a ponente dal maggior dorso del monte, a oriente dal vertice dell'Albarè. I contorni della Ferrara sono ricchi di prati e di pascoli, e intersecati da rigagnoli, che tutti si congiungono nel torrente che giù precipita dai dirupi della Corona. Un profondo ed aspro burrone di questa valle dicesi valle orsa. Progredendo in retta via verso settentrione si ascende al Cambrigar indi in Noveza. Questa parte eminente divide come in due il monte, sicchè le ac-



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que, che discorrono dal pendio meridionale, fluiscono nel rivo della Ferrara, e quelle da settentrione nel torrente Aviana. Noveza parte è piena di pascoli feraci, parte è selvosa e dirupata, e in questi dirupi rinvengonsi copiose piante. Poco oltre a Noveza avvi il Campione, e il limpidissimo rio delle Acque-negre, ove altre volte era il confine della repubblica Veneta. L'eccelso dorso di Baldo costeggia a ponente tutti questi luoghi, ed i rivolgimenti del di lui fianco orientale sono determinati con proprio nome. Partendo da valle-fredda il primo luogo chiamasi la Lonza, ove è una valle angusta e inaccessibile detta valle Brutta. Segue poscia la valle Losanna e il Sassetto e la Fontana del di lui nome situata sull'alta pendice del monte di fronte al Campione.
Al rio delle Acque-negre tre vie ne si appresentano: l'una a destra guida a monte Gambon, al Cerbiolo e alla parte ultima e più orientale di Baldo detta i Lavaci. Per quella di mezzo lungo il ruscello si sbocca al pian della cenere, e alla selva d'Avio. La terza a settentrione scorge all'ampia valle d'Artillon e ai Dassioli, ove un tempo esistevano antiche foreste ora in gran parte divelte. Dall'Artillon si fa passaggio ai prati di Brentonico e del Tredespin. In questi monti era anticamente l'ampia selva detta dei Brentegani rammentata dal Pona nel suo Monte Baldo descritto, e che nell ' edizione latina chiama sylva Brentonicensis. Abbandonando poscia a man manca gli Zocchi, Navene, e Tolghe, quindi Canalette, e l'Altissimo si scende pel luogo detto le Scalette, ove in due si parte il sentiero. L'uno guida per i Pianetti, Pozza Ferrera, e S. Giacomo ai villaggi Bren-



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tonico, Castione, Tierno e alla valle percorsa dal torrente Sorna, luoghi situati alle falde settentrionali-orientali; per l'altro orientale si scende per la valle del Tretto e il sentiero dei soppiadori lungo il torrente Aviana alla terra Avio. L'altra strada che da Verona conduce a monte Baldo è quella di Caprino, dal qual villaggio per varie viottole si può ascendere. Una di queste detta la Costa dei cani guida ai monti della Corona. Per l'altra più meridionale detta via dei Lumini, chiusa fra il giogo di questo nome e il Piore si giunge alla valle Ortigara, dove ne si parano lieti pascoli e boschi di Faggi spaziosi, che colla loro opacità fanno gradito contrasto all'amenità dei vicini prati. Inferiormente all'Ortigara annovi le praterie e le selve di Pra-lungo e di Brenzone. Ma dall'Ortigara ascendendo in via retta fassi incontro l'erboso ed ampio dorso Costa bella, a destra del quale giace la valletta di Navole, d'onde si scende in valle-fredda. Nel pendio di Navole occorrono i sassi di valle fredda, luogo caro ai Botanici per le peregrine piante ch'ivi allignano; e progredendo alquanto rinviensi la fontana di Navole, fonte meravigliosa si per l'altezza sua, che per la copia e freschezza delle sue acque. Una valletta a destra della fonte porta il nome di valle del Bastion.
Da Costa-bella scendendo alquanto per la pendice occidentale entrasi nell'erbosa valle Vaccaria innaffiata dal grazioso fonte di Brigaldello o delle Buse. Da valle-vaccaria dopo lunga via si passa all'ampia foresta di Piombe. Ma pigliando cammino lungo il dorso Costa-bella si ascende all'altissime cime di Baldo dette monte maggiore. Disastroso però è il tra-



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gitto per l'alta vetta al di là del giogo Coval santo, ond'è mestieri deviare alquanto sul fianco orientale. Lungo la via veggonsi da occidente valli profondissi- me da sassi e da rupi ignude circondate, nel profondo delle quali alberga eternamente la neve. Sono esse la valle delle buse, le valle delle pietre o di monte Maggiore, la valle delle ossa, la valle di S. Zeno, la valle grande o fonda o dritta anche chiamata, la valle Orzera, la valle Finestra, e la valle delle Pozzette, selvagge tutte, nè da niuno per avventura frequentate fuor dai Botanici. In questi gioghi difficili e in queste valli allignano le più rare piante alpestri. Però superate le sublimi vette di monte Maggiore, difficile sovrammodo e periglioso riesce il tragitto nelle seguenti, formate di nude punte e di scoscese balze, e fiancheggiate a ponente dalle dette valli Orzera e Finestra. E però trascorso il Sassetto miglior consiglio è abbassarsi sul fianco orientale fino all'Artillone, ove le cime şi fanno meno erte, e a mano a mano s'appianano, e vengono erbose. Per queste facili vette movendo i passi si giunge agli ubertosi prati e alla maestosa selva di Malcesine e alla bocca di Navene, d'onde si discende al Benaco. Al di qua di Navene s'incontrano a oriente i pascoli, dei Zocchi, e a occidente l'asprissimo sentiero di Ventrar (se şentiero può chiamarsi), i di cui dirupi generano, peregrine piante. Oltre Navene annovi i pascoli di Tolghe e Canalette, e il giogo più settentrionale di Baldo detto l'Altissimo già per noi rammentato. Eccovi, egregio amico, la topografia di monte Baldo. Porrò fine a questa lettera adducendovi il nome delle specie da me raccolte e in questa e nelle molte altre



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gite da me intraprese, e vi aggiungerò il luogo dov'esse allignano, e l'altezza dal livello del mare. Di tal guisa io v'offrirò un saggio di geografia botanica. Io ho diviso la geografia botanica Veronese e delle prossime provincie Vicentine e Bresciane in tre regioni o zone, desumendone i confini principalmente dagli alberi, come quelli che concigliano un aspetto proprio alla vegetazione. La prima, che chiamo regione collinesca o delle Querce e dei Castagni, aggiunge a incirca settecento metri. La seconda, la regione montanesca o dei Faggi e delle Conifere, Pini, Abeti, Larici, si eleva dai settecento ai mille trecento metri. La terza, la regione alpina o dei Mughi e dei Cembri, dai mille e trecento arriva fino alle nevi. La regione sotterranea e la nevosa, quella che incomincia, questa che pon fine alla vegetazione, ambedue abitate dalle crittogame, mancano alle provincie nostre. Però rispetto alle tre regioni ammesse io non debbo tacervi, che i confini per me stabiliti non sono al tutto irremovibili, avvenendo qui pure come altrove, ch'ora si elevino, ora si abbassino secondo la diversa plaga. La Carice baldense, poniam caso, pianta montana e ben anco alpina fu da me colta fiorente ai primi di aprile sulle rupi ventose della regione collina di Limone al Lago. Nelle rupi della Corona di monte Baldo meno alti di 800 metri, ma esposti a bacío cresce la Pæderota Bonarotta erba alpina; laddove nei boschi a meriggio di Chiesa-nuova nei Lessini, elevati a più di 1000 metri vegetano le Querce. Così nei contorni di Schio e di Recoaro all'altezza di duecento in trecento metri nascono l'Arabis alpina e l'Arabis ovirensis, la Cardamine impatiens, l'Euphorbia sylvatica, la Daphne



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Laureola, ecc. piante montane. Nella valle dei Ronchi sopra Ala, e alle falde occidentali-settentrionali di monte di Baldo sopra Malcesine ho veduto crescere entro la regione collina l'Arbutus Uva ursi col Rhododendron ferrugineum, e Rhododendron hirsutum cogli Abeti, coi Pini, e coi Faggi, piante montane, e le prime ben anco alpine. Fra gli scogli bagnati dalle acque del Benaco, ma esposti al soffio incessante d'aquilone, tra Malcesine e Navene, tra Riva e Limone crescono la Daphne alpina, il Cytisus purpureus, e lo Spartium radiatum, il quale veste i dirupi di valle-fredda, dell'Artillone, e dell'Altissimo di monte Baldo, e le parti più alte dei monti Pertica e Sumano. Le sponde benacensi Bresciane all'opposto, situate a levante-meriggio fino all'altezza di 150 metri dal mare e di 70 sopra il Lago, sono coperte di Ramerino, di Leandri, di Fichi e di Olivi spontanei, di Melagrani selvatici, di Agave, di Allori. Che se prenderemo a esaminare la vegetazione del Tirolo e del Friuli scorgeremo vieppiù crescere le eccezioni. Dalle quali cose ne emerge, non essere la rarefazione dell'aria che determina l'abitazione delle piante, com'altri pretese. E comunque non neghi affatto l'influenza della natura del suolo e della quantità dell'acqua che cade annualmente dal cielo; pure la temperatura è quella che esercita la principale azione sull'abitazione delle piante.
Non reputo inutile avvertire, che molte piante crescendo volgarissime in più parti di monte Baldo io non ne ripeterò il nome ogni volta. Aggiungerò alcune note alle piante novelle o pregevoli o che meritano dilucidazione. Seguirò la nomenclatura del Will-



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-denow per le Fenerogame e per le Felci, quella dell'Hedwig o del Bridel o dello Schwaegrichen nei Muschi, del Roth nelle Epatiche, del Vaucher o del Dillwyn nelle Alghe, dell'Acharius nei Licheni, e del Persoon e Decandolle nei Funghi.
Dalla valle di Caprino pertanto sino ai Masi e al così detto pra-bestemmià sotto pra-lungo all'altezza d'incirca 700 metri crescono le seguenti, che si rinvengono pure nella più parte dei colli e nell'alta pianura Veronese.

Acer campestre. Allium carinatum.
Achillea Millefolium. Allium paniculatum.
Achillea tomentosa. Allium rotundum.
Adonis annua. A. æstivalis et A. autumnalis L. Allium vineale.
A. caule glabro superne sulcato, foliis multifido linearibus, petalis 3-8 oblongo-ovatis. Mihi. Alnus glutinosa.
L'Adonis aestivalis, e l'Adonis autumnalis non sono specie ma varietà; perocché fra le biade si rinvengono individui coi fiori a otto petali grandi, altri con cinque minori, altri con tre, quattro, sei, sette di varia grandezza, e dai semi raccolti da essi ho ottenuto pressoché tutte le suddette varietà. Alopecurus agrestis.
Aecidium clematitidis. Alopecurus geniculatus.
Aecidium confertum. DeC. Alsine media.
Aecidium euphorbiae. Althaea cannabina.
Aegilops ovata. Alyssum calycinum.
Agaricus edulis. Alyssum paniculatum.
Agrimonia Eupatorium. Alyssum sativum.
Agrostemma Githago. Amanita caesarea. Fra i Castagni al luogo detto i Masi.
Aira caryophyllea. Amaranthus Blitum.
Aira cespitosa. Amaranthus retroflexus.
Aira cristata. Amaranthus sylvestris.
Ajuga Chamaepithis. Anagallis arvensis æ fœnicea.
Ajuga genevensis. Anagallis arvensis β cærulea.
Ajuga reptans. A. caule diffuso, foliis ovatis subtus punctatis, calycis laciniis lanceolatis. Mihi.
Alchemilla Aphanes. Il solo colore della corolla nelle due varietà è costante nella seminagione, gli altri caratteri desunti dalle foglie, dai peduncoli, dalla forma e contorni della corolla, dal calice variano tutti; e raccolto ben anco esemplari a foglie terne, e
Allium angulosum.  


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    quaderne tanto della varietà cerulea che della fenicea.     mi fecero accorto e l'osservazione instituita per più anni sulle piante spontanee, e la loro coltura nell'Orto di Verona. Le foglie ora sono quasi verdi affatto, ora bianchiccie, ora al tutto bianche presentando un abito diversissimo. Il Seguier (Ver. II. p. 173. 174) sotto i num. 1. 3. ha descritto la varietà α e β. La prima ho veduto coltivata in qualche città d'Italia sotto il nome improprio di Abrotano.
Anchusa italica. Artemisia vulgaris.
Anchusa officinalis. Arum italicum.
Andropogon Gryllus. Asclepias Vincetoxicum.
Andropogon Ischaemum. Asparagus acutifolius.
Andropogon halepensis. Asparagus officinalis.
Anethum Foeniculum. Asperugo procumbens.
Angelica sylvestris. Asperula arvensis.
Anthemis arvensis. Asperula cynanchica.
Anthemis Cota. Aspidium Filix mas.
Anthemis Cotula. Asphenium Adianthum nigrum.
Anthemis tinctoria. (Buftalmo del Mattioli. Pona bald. ital. 4.) Asphenium Ruta muraria.
Anthericum ramosum. Asphenium Trichomanes (PolitriCo. Pona bald. ital. 142. 250.)
Anthoxantum odoratum. Aster Amellus.
Anthyllis Vulneraria. Astragalus Cicer.
Apargia autumnalis. Astragalus glycyphyllos.
Apargia crispa. Astragalus Onobrychis.
Apargia hastilis. Athamanta Cervaria.
Arabis thaliana. Athamanta Libanotis.
Arctium Lappa. Athamanta Oreoselinum.
Arenaria serpillifolia Avena fatua.
Arenaria tenuifolia (Alsine tenuifolia. Segu. Ver. 1. 418. tab. VI. fig. 2.) Avena flavescens.
Arenaria tenuifolia β. pentandra (Alsine pentastemon, gramineis, foliis, geniculata. Segu. Ver. III. 175) Ballota nigra.
Aristolochia Clematitis. Barbula ruralis. Brid.
Artemisia Absyntium. Berberis vulgaris.
Artemisia campestris. Betonica officinalis.
Artemisia camphorata. Bidens tripartita.
A. caule erecto; foliis caulinis pinnatis, incanis, pinnis sub-trifidis linearibus, floralibus indivisis, linearibus; panicula virgata; anthodiis globosis pedunculatis nutantibus; peranthodiis incanis. Mihi. Bidens tripinnata.
Artemisia camphorata β. A. subcanescens. W. Enum. Biscutella apula.
L'Artemisia camphorata e l'Artemisia subcanescens W. volgarissime in tutti i nostri colli sono varietà, siccome Boletus edulis. Fra i Castagni ai Masi
  Borrago officinalis


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Borrera chrysophthalma. α. Sui rami dell'Olivo e dello Spimbianco. Carex flava.
Borrera tenella. Carex hirta.
Brassica Erucastrum. Carex Michelii.
Brassica Napus. Carex pillulifera.
Brassica orientalis. Carex praecox. (Cyperoides verna, caule rotundo triquetro, spicis seminalibus densioribus, binis vel ternis squamis ferrugineis, obtuse mucronatis, et tamquam in aristulam prolungatis, capsulis turbinatis subhirsutis trilateris. Segu. Ver. I. p. 122 t. 1. fig. 2.)
Briza media. Carex recurva.
Bromus arvensis. Carex Schreberi.
Bromus erectus. Carex vulpina.
Bromus mollis. Carlina acaulis.
Bromus squarrosus. Carlina vulgaris.
Bromus sterilis. Carpesium cernuum.
Bryonia dioica. Carpinus Betulus.
Bryum argenteum. Carthamus lanatus.
Bunias Erucago. Castanea vulgaris.
Buphtalmum grandiflorum. Caucalis Anthriscus.
Buphtalmum spinosum. Caucalis daucoides.
Bupleurum Gerardi. Caucalis grandiflora.
Bupleurum Odontites. Ai Masi. Caucalis nodosa.
Bupleurum rotundifolium. Caulinia fragilis.
Calendula arvensis. Celtis australis.
Calluna vulgaris. Cenomyce alcicornis α.
Campanula glomerata. Cenomyce epiphylla α.
Campanula persicifolia. Cenomyce pyxidata.
Campanula Rapunculus. Cenomyce rangiferina α.
Campanula sibirica. Centaurea calcitrapa
Campanula Speculum. Centaurea crupina.
Campanula Trachelium. Centaurea Cyanus.
Cardamine hirsuta. Centaurea Jacea: ramis angulatis, foliis lanceolatis, integerrimis, radicalibus dentatis peranthodiis scariosis, squamis ovatis apice laceris pappo subnullo. Mihi.
Carduus defloratus. Centaurea Jacea β Centaurea amara. L. W.
Carduus nutans. C. foliis radicalibus lanceolatis subdentatis, summis lineari-lanceolatis integerrimis. Mihi. Cyanoides montana squamata, flore purpureo. Ponted. Diss. 219. Segu. Ver. II. 152. Moren. Hort. sicc.
Carduus pycnocephalus. Io penso col Gerard che la Centaurea Jacea , e la Centaurea amara sieno varietà, mentre i caratteri che le distinguono sono sovrammodo incostanti. La varietà β. ossia la C. amara è assai volgare in tutta la provincia. Il colore della corolla in ambedue le varietà ora è por-
Carex digitata.  


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porino, ora ma più raramente bianco. Chenopodium Vulvaria (Tragio germaico. Calceol. Viagg. 12.)
Centaurea nigrescens. Chlora perfoliata.
Centaurea paniculata. Chondrilla juncea.
Centaurea scabiosa. Chrysanthemum Leucanthemum. (C. foliis radicalibus spathulatis, caulinisque inferioribus petiolatis serratis, reliquis semiamplexicaulibus lanceolatis subinciso-serratis. Mihi.)
Centaurea solstitialis. Leucanthemum vulgare. Tournef. Instit. 492. Ponted. Diss. 282. Segu. Ver. 11. 222.
Centaurea splendens. Chrysanthemum Leucanthemum Linn. Willd. Sp.pl. III. 3142. Pers. Syn. pl. II. 460 .
Cerastium aquaticum. Bellis sylvestris caule folioso major. Bauh. Pin. 261.
Cerastium arvense. Bellis major. Fuchs. 148. Cam. Epit. 635. Blackw. t. 42.
Cerastium viscosum. Bellis major β montanum.
Cerastium vulgatum. Ch. caule plerumque monanthodio, foliis serratis, radicalibus cuneiformibus vel spathulatis, reliquis lanceolatis, squamis peranthodialibus atro-marginatis. Mihi.
Cercis Siliquastrum. Ch. montanum. Linn. Sp. pl. 1252. Aliion. Pedem. n. 689. t. 37. f. 2. Jacq. 065. 4. p. 9. t. 91. Willd. Sp. pl. III . 2143, Pers. Syn. pl. II. 460.
Cerinthe minor. Ch. atratum . Linn. Sp. pl. 1252. W. Sp. pl. III. 2142. Pers. Syn. pl. II. 460.
Chaerophyllum temulum. Leucanthemum montanum minus. Tournef. Instit. 492.
Chara flexilis α. major. Chara translucens major flexilis Vaill. par. 18. t. 3. f. 8. Leucanthemum alpinum majus rigido folio. Tournef. Instit. 492. Segu. Ver. II. 223. Moren. Hort. sicc.
Chara flexilis β minor. Chara translucens minor flexilis. Vaill. par. 18. t. 3. f. 9. An species praecedente distincta? Leucanthemum montanum majus folio acuto. Tournef. Instit. 492. Segu. Ver. III. 281, Moren. Hort. sicc.
Nella fossa volgarmente pozza ove si abbeverano gli armenti al luogo detto il prabestemmià. Bellis alpina major rigido folio. C. Bauh. Pin. 261. Prodr. 120. c. ic.
Chara vulgaris. Ivi. Bellis montana minor. Bauh. Hist. III. p. 115. c. ic.
Cherianthus erysimoides. Bellis alpina major, foliis angustis rigidis. J. Bauh. Hist. III. 115.
Chelidonium majas. Bellis montana major folio acuto. C. Bauh. Pin. 261. Prodr.121. c. ic.
Chenopodium murale. Bellis alpina minor foliis non rigidis. J. Bauh. Hist. III. 115.
Chenopodium polyspermum. La varietà α ossia la Bellide maggiore cresce in tutti i prati e pascoli della provincia; la varietà β io l'ho rac-


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    colta in valle-fredda e in altri luoghi di monte Baldo, ove fu parimente rinvenuta da Gasparo Bauhino, dal Pontedera, Seguier e Moreni, del pari che negli Euganei ove fu pure osservata da Gasparo Bauhino. Cresce anche negli altri monti Veronesi, Vicentini, Tirolesi, e Bresciani. Corylus Avellana.
Le descrizioni e le figure del Ch. montanum date da Giovanni Bauhino e dall'Allioni mi hanno persuaso essere questo varietà del Ch. atratum; anzi le definizioni del Ch. montanum stese da Linneo e dal Willdenow meglio si confanno agli esemplari baldensi ed euganei del Ch. atratum da me colti e dal Seguier e Moreni, che al Ch. montanum stesso. E pongasi mente che le due figure di Gasparo Bauhino, le quali si riferiscono dagli autori al Chrysanthemum atratum, furono disegnale sopra esemplari raccolti appunto in monte Baldo e sugli Euganei, ciò che a mio credere è una novella prova della identità delle due credute distinte specie.
Che poi il Ch. atratum e il Ch. montanum sieno varietà del Ch. Leucanthemum mi hanno convinto gli esemplari di quest'ultimo colti nelle montagne meno elevate, i quali offrono caratteri comuni ai due primi e al secondo. Veggo che rispetto al Ch. montanum e al Ch. Leucanthemum fu fatta la stessa osservazione dal Besser nelle sue Primitiae Florae Galiciae Austriacae part. II. p. 199 "Ob specimina a D. F. Christiani in montosis circa Dukla collecta, quae manifestissime medium inter Ch. Leucanthemum et Ch. montanum tenent has species praeeunte Ch. Gerardo, conjungo "). Crepis foetida.
Cichorium Inthybus. Crepis hispida.
Circaea lutetiana. Crepis tectorum.
Clavaria corniculata. Crocus vernus.
Clematis recta Cucubalus Behen
Clematis Vitalba. Cucubalus Otites.
Cnicus lanceolatus. Cuscuta europaea.
Colchicum autumnale. Cyclamen europaeum.
Collema nigrescens. Cynodon Dactylon.
Convallaria Polygonatum. Cynoglossum pictum.
Convolvulus arvensis. Cynosurus cristatus.
Convolvulus Cantabrica. Cytisus hirsutus
Convolvulus sepium. Cytisus nigricans.
Conyza squarrosa. Cytisus sessilifolius.
Coriandrum testiculatum. Dactylis glomerata.
Cornus sanguinea. Daucus Carota.
Coronilla Emerus. Delphinium Consolida.
Coronilla minima. Dianthus Armerius (Caryophyllus barbatus sylvestris. Segu. Ver. 1. 437. tab. 7. fig. 4.)
Coronilla varia.  


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Dianthus atrorubens. (Caryophyllus sylvestris, flore rubro plurimo de summo caule prodeunte. Ponted. Segu. Ver. I. 434. tab. 7. fig. 2.) Euphorbia dulcis.
Dianthus carthusianorum. (Caryophyllus barbatus angustifolius, petalis rubris, maculis purpureis et villis circinatim dispositis in umbilico aspersis. Segu. Ver. I. 438. tab. 8.) Euphorbia falcata.
Dianthus prolifer (Caryophyllus sylvestris, prolifer. Segu. Ver. I. p. 433. tab. 7. fig. 1.) Euphorbia helioscopia.
Dianthus sylvestris. (Caryophyllus sylvestris flore rubro inodoro, calyce oblongo cum brevibus unguibus. Ponted. Segu. Ver. 1.435. tab. 7. fig. 3. Armerio terzo del Dodoneo ? Pona Bald. ital. 11. ) Euphorbia nicaeensis. (Tithymalus foliis brevibus aculeatis. Segu. Ver. I. p. 154. t.3. f.1. Pityusa. Matth. 1258. Calceol. Viag.7.)
Dictamnus albus (Poligonato di Dioscoride, ovvero Frassinella degl'Italiani. Pona Bald. ital. 12. Dittamo bianco. Calceol. Viag. 9.) Euphorbia Peplus.
Digitalis ambigua (Digitale gialla di fior grande. Pona Bald. ital. 173. fig. C.). Euphorbia platyphyllos.
Digitalis lutea. Euphorbia verrucosa.
Digitaria sanguinalis. Euphrasia lutea.
Dipsacus sylvestris. Euphrasia odontites.
Dorycnium herbaceum. Euphrasia officinalis.
Draba verna (Alysson vulgare, Polygoni folio, caule nudo. Segu. Ver. I. 376. tab. 4. f. 3.) Evonimus europaeus.
Echium italicum. Fedia coronata.
Echium vulgare. Fedia dentata.
Epilobium angustissimum. Fedia olitoria.
Epilobium hirsutum. Ferula nodiflora.
Epilobium pubescens. Festuca ciliata. DeC.
Epimedium alpinum. Festuca cristata.
Equisetum arvense. Festuca duriuscula.
Equisetum hiemale. Festuca Myurus.
Erigeron acre. Festuca ovina.
Erigeron canadense. Festuca pinnata.
Erodium ciconoium. Festuca pratensis. Schrad. W. Enum.
Erodium cicutarium. Festuca ciliata. serotina (Gramen loliaceum serotinum panicula dispansa. Segu. Ver. III. tab. 3. fig. 2.)
Ervum hirsutum. Fragraria collina.
Eryngium amaethystinum. Fragraria vesca.
Eryngium campestre. Fraxinus Ornus.
Erysimum officinale. Fumaria officinalis.
Eupatorium cannabinum. Fumaria officinalis β caule humiliore erecto rigido.
Euphorbia Chamaesyce. La varietà β volgare infra i campi meno fertili coltivati a biade fu deterininata dal
Euphorbia Cyparissias.  


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    Seguier (Plant. veron. II. p. 111) colle seguenti frasi ripetute anche dal Moreni nel suo erbario "Fumaria minor tenuifolia, caulibus surrectis, flore hilari purpura rubente. Bauh. pin . 143 ; Capnos tenuifolia. Clus. hist . CCVIII . c . ic." le quali riferendosi alla Fumaria spicata hanno fatto conchiudere al Linneo che la Fumaria spicata cresca nei campi nostri, lo che non è altrimenti vero. Cistus marifolius et Cistus canus. Linn.
Galega officinalis. Helianthemum foliis Myrti minoris subtus incanis. Segu. Ver. I. p. 442. Moren. et Bordon. Hort. sicc.
Galeopsis Ladanum. Cisto terzo ungarico del Clusio. Pona Monte baldo descritto p. 150; e
Galeopsis Tethrait. Cisto piccolo con foglia mirtina del Clusio. Pona ivi 241.
Galium aparine Cisto piccolo β Cistus anglicus. Linn.
Galium Bocconci. H. suffruticosum extipulatum divaricatum, foliis petiolatis oppositis, oblongis, acutis subtus cano-tomentosis, floribus racemosis. Mihi.
Galium Mollugo. Helianthemum alpinum, foliis Pilosellae minoris Fuchsii. Segu. Ver. III. p. 196. Moren. et Bordon. Hort. sicc.
Galium rubrum. Il Cistus marifolius, C. canus, C. anglicus L. sono varietà d'una stessa specie volgarissima in tutti i nostri colli).,
Galium verum. Helianthemum salicifolium (Helianthemum annuum humile foliis ovatis, flore fugaci Segu. Ver. III. 197. t. 6. f.3 .).
Genista germanica. Helianthemum salicifolium vulgare.
Genista ovata. Heliotropium europaeum.
Genista tinctoria. Helleborus foetidus.
Geranium colombinum. Helleborus viridis.
Geranium molle. Helvella leucophaea.
Geranium robertianum. Herniaria glabra.
Geranium sanguineum. Hibiscus Trionum.
Geum urbanum. Hieracium florentinum.
Gladiolus communis. Hieracium murorum.
Glechoma hederacea. Hieracium Pilosella.
Globularia vulgaris. Hieracium sabaudum.
Gnafalium germanicum. Hieracium umbellatum.
Gnafalium luteo-album. Hippocrepis comosa.
Grimmia apocarpa. Holcus lanatus.
Grimmia ovata Web. et Mohr. Holcus odoratus.
Gypsophylla Saxifraga. Hordeum murinum.
Hedera Helix. Holosteum umbellatum.
Hedysarum Onobrychis. Hottonia palustris.
Helianthemum marifolium. Mihi (H. suffruticosum extipulatum divaricatum, foliis petiolatis oppositis ovatis acutis, subtus cano-tomentosis, floribus racemosis. Mihi. Humulus Luppulus.


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Hydnum coralloides. In trunco Mori albae. Lecidea Wulfenii.
Hyosciamus niger. Leontodon Taraxacum.
Hypericum hirsutum. Lepidium graminifolium.
Hypericum perforatum. Leskea polyanthos.
Hypnum arbuscula. Brid. H. alopecurum L. Hedw. Leskea sericea.
Hypnum cupressiforme Ligustrum vulgare.
Hypnum serpens. Linkia Nostoc.
Hypochaeris radicata. Linkia pulposa Mihi. L. suborbicularis fusca lobata, lobis crassis subimbricatis crenulatis, superficie centrali apotheciis rufis sparsa. Pollin. Pl. nov. vel min. cogn. p. 30.
Jasione montana. Linkia verrucosa.
Inula disenterica. Linaria chalepensis.
Inula hirta. Linaria Cymbalaria.
Inula Pulicaria. Linaria minor.
Inula squarrosa. Linaria vulgaris.
Iris germanica. Linum catharticum.
Jungermannia dilatata. Linum tenuifolium.
Jungermannia platyphylla. Lithospermum arvense.
Juniperus communis. Lithospermum officinale.
Lactuca perennis. Lithospermum purpureo-coeruleum.
Lactuca Scariola. Lolium arvense. With. Smith. Schrader.
Lamium album. Lolium perenne.
Lamium amplexicaule. Lolium temulentum.
Lamium maculatum. Lonicera Caprifolium.
Lamium purpureum. Lonicera Xylosteum.
Lapsana vulgaris. Lotus corniculatus.
Lathyrus Aphaca. Lychnis dioica.
Lathyrus latifolius. Lychnis Flos Cuculi.
Lathyrus pratensis. Lycopus europaeus.
Lathyrus setifolius. Lycopus exaltatus.
Lathyrus sphoericus. Lythrum Salicaria.
Lecanora albella. Malva rotundifolia.
Lecanora milvina. Malva sylvestris.
Lecanora murorum. Marrubium vulgare.
Lecanora salicina. Matricaria Chamomilla.
Lecanora subfusca. Medicago falcata.
Lecanora varia. Medicago Gerardi.
Lecanora versicolor. Medicago Lupulina.
Lecidea baldensis: crusta imbricata foliaceo-lobata pallide virescente subtus alba fuscescente, lobis minutis crenatis, apotheciis confertis planis incarnatis demum marginatis. Spreng. Pl. mia. Cogn. pug. II. p. 95. Pollin. Pl . nov . vel min. cogn. p. 28. Medicago minima.
Lecidea collosyne. Medicago orbicularis.
Lecidea lapicida. Medicago sativa.
Lecidea parasema. Melampyrum arvense.


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Melampyrum cristatum. Mercurialis annua.
Melampyrum nemorosum. Merulius Cantharellus.
Melampyrum pratense. Mespilus monogyna.
Melica ciliata. Mespilus Oxyacantha. Negli spineti e nelle selve.
Melica coerulea. Maium cuspidatum.
Melilotus officinalis α fl. luteo. Maium undulatum Hedw. M. ligulatum Brid.
Melilotus officinalis β fl. albo. Melilotus vulgaris. W. Enum. Morchella esculenta.
Melilotus caule erecto foliolis ovato-oblongis dentatis, leguminibus racemosis pendulis sub-rugosis ovatis, mono-dispermis. Mili. Morchella patula.
Il celebre Willdenow nella sua Enumeratio horti berolinensis p. 790 ha fatto due specie distinte delle due varietà a fior giallo e a fior bianco del Melilotus officinalis, e il carattere principale consiste nel pericarpio dispermo nella varietà a fior giallo, monospermo in quella a fior bianco. Ma io ho rinvenuto ora uno ora due semi tanto nell'una che nell'altra. Ambedue sono appo noi annue, e la varietà a fior giallo ha lo stendardo senza vene fosche. Myagrum rugosum.
Melissa officinalis. Myagrum striatum Mihi. Rapistrum monospermum, Segu. Ver. I. 368. Moren. Hort. sicc. non Bauh. Pin.
Melittis Melissophyllum. Radix annua ramosa, flavescens. Caulis sesquibipedalis, erectus, ramosus, inferne substriatus hirsutus, pilis albis retrorsum asper superne glaber. Folia alterna, petiolata, obovata, snbhirsuta, scabra, dentata, basi sinuata, caulina media oblonga dentata ramea lanceolata obtusiuscula subdentata. Panicula terminalis, composita, racemis erecto-patulis nudis. Flores alterni pedunculati, sepalis palidis, petalis luteolis. Ovarium biarticulatum in calyce sessile. Siliculae erectae, glabrae, striatae, stylo obtuso longiore vel subaequali terminatae, biarticulatae, articulo inferiore stricto abortivo, superiore rotundo-ovato monospermo.
Mentha arvensis. Provenit etiam in arvis vicis Vallese, Oppeano, Bonavigo, Minerbe adjacentibus.
Mentha rotundifolia. Il Seguier e il Moreni, che hanno rinvenuto la descritta specie presso Oppeano e il Vallese ove fu pure da me raccolta, l'hanno determinata colla frase del Bauhino sopraccitata, la quale si riferisce dagli Autori al Myagrum perenne. Anche nell'erbario del Vitman, cui posseggo, esiste col nome di Myagrum perenne. L'ho spedita a qualche Botanico mio corrispondente, e fu determinata per lo Myagrum rugosum. E di vero a questa specie per la forma del fiore, e della siliquetta e pel fusto annuale s'avvicina tanto più che dassi una va-
Mentha sylvestris.


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rietà notata dal Roth Germ. II. p. 81. siliculis minus pilosis. Tuttavolta oltre delle siliquette affatto liscie ne differisce per le foglie. S'accosta più al Myagrum orientale, secondo quello che puossi arguire dalla frase specifica, non avendo sotto gli occhi un esemplare. Frattanto io determinerò le tre specie Myagrum striatum, Myagrum rugosum, Myagrum perenne colle seguenti frasi: Orthotrichum saxatile Brid.
Myagrum striatum: foliis obovatis dentatis, basi sinuatis, rameis lanceolatis subdentatis, siliculis biarticulatis, monospermis, striatis, glabris. Orthotrichum cupulatum. Brid.
Myagrum rugosum: foliis oblongis, obtusis, sinuatis, obtuse dentatis; siliculis biarticnlatis, monospermis, striatis, pilosis, stylo brevioribus. Oxalis corniculata.
Myagrum perenne: foliis oblongis pinnatifido-sinuatis, dentatis, scabris, summis serratis, glabris; siliculis biarticulatis, monospermis, striatis, stylo longioribus. Panicum glaucum.
Siliculae glabrae, quandoque pilosae. Panicum verticillatum.
Myosotis arvensis. Papaver Argemone.
Myosotis Lappula. Papaver Rhoeas.
Neckera crispa. Parietaria officinalis.
Neckera curtipendula. Parmelia aipolia.
Neckera viticulosa. Parmelia caperata.
Nepeta Cataria. Parmelia cartilaginea.
Ononis minutissima Parmelia glomulifera.
Ononis pinguis. Parmelia parietina.
Ononis spinosa. Parmelia saxatilis.
Onopordon Acanthium. Parmelia stellaris.
Onosma echioides. Parmelia ulothrix.
Ophrys apifera. (Segu. Ver. III. p. 246. n. 4. tab. 8. fig. 2.) Pastinaca sativa.
Ophrys arachnites. (Segu. Ver. III. p. 244. n. 3. tab. 8. f.1.) Peltidea canina.
Ophrys aranifera (Segu. Ver. II. p. 130. 131. n. 18. 19. 20. 21. tab. 15. f. 13. 14.) Peziza lycoperdoides. α. lutea. DeC.
Orchis Morio (Segu. Ver. II. p. 125. 126. n. 8. 9. tab. 15. fig. 7. 8.) Phleum asperum.
Orchis piramidalis (Segu. Ver. II. p. 129. n. 15. 16. tab. 15. fig. 11.) Phleum Böhmeri.
Orchis ustulata (Segu. Ver. II p. 123. n. 4. tav. 15. fig. 4.) Phleum pratense.
Origanum vulgare. Phleum asperum β P. nodosum.
Ornithogalum umbellatum. Physalis Alkekenghi.
Ornithopus scorpioides. Picris bieracioides
Orobanche caryophyllacea. Pimpinella magna.
Orobus vernus. Pimpinella Saxifraga.
Orthotrichum anomalum. Hedw. O. saxatile. Brid. Pistacia Terebinthus






... (continua)...